Kamikaze del nostro corpo

Autoanticorpi come kamikaze. Pronti a tutto pur di colpire e distruggere il bersaglio. Prodotti dal nostro organismo contro cui, a un certo punto, si rivoltano.

Si comportano così gli autoanticorpi generati da un sistema immunitario che, quando si inceppa, dà origine ad uno specifico ed eterogeneo gruppo di malattie, le cosiddette autoimmuni. Senza alcuna finalità razionalmente spiegabile, quest’esercito può aggredire uno o più organi, uno o più tessuti. In altri casi, invece, il meccanismo dell’autoaggressione, viene avviato da varie popolazioni di linfociti, in pratica dalle cellule stesse del sistema immunitario che dovrebbero difendere il nostro organismo dagli agenti infettivi.

Tante, diverse, non sempre facilmente riconoscibili e, in gran parte, dall’eziologia ancora sconosciuta, le malattie autoimmuni sono anche in aumento.

“Effettivamente negli ultimi trent’anni”, conferma Gianni Marone, ordinario di Immunologia clinica all’università Federico II di Napoli, “si è registrato un progressivo incremento di molte patologie su base immunitaria. È, ad esempio, accaduto col diabete mellito, con l’artrite reumatoide, con il lupus eritematoso sistemico e con tante altre”.
Un dato recente rivela che se le autoimmuni sono sempre più di frequente riscontro, le malattie infettive sarebbero invece in netta diminuzione. In parte, la contestuale associazione si spiega col fatto che entrambe esprimono un interessamento del sistema immunitario, ma questo succede perché, come osserva il docente, “mentre da un lato le migliorate condizioni igieniche, le vaccinazioni e l’uso di antibiotici sono stati capaci di ridurre le malattie infettive, dall’altro sono responsabili dell’incremento di quelle autoimmuni ed allergiche. E non è un caso che questo fenomeno è soprattutto appannaggio dell’occidente”.

Un ulteriore elemento di riflessione scaturisce dalla constatazione che le manifestazioni patologiche del sistema immunitario presentano sempre più spesso un andamento clinico capriccioso: vuol dire che nel tempo possono subire più variazioni, peggiorare, migliorare, scomparire.

“Ebbene la sintomatologia di malattie come l’artrite reumatoide o il lupus, è spesso caratterizzata dall’insorgenza di poussés, cioè di improvvise riacutizzazioni”, aggiunge l’immunologo, “e queste non sempre sono prevedibili.
Per esempio, nell’artrite reumatoide, sono influenzate dalla gravità con cui la malattia ha esordito. Viceversa, nel lupus eritematoso, le riacutizzazioni possono essere conseguenza di fattori ambientali, dall’esposizione ai raggi ultravioletti allo stress.
Oppure possono essere causate da qualche infezione intercorrente.
E, per questo, è consigliabile un corretto stile di vita: al bando la tintarella a tutti i costi, evitare il contatto diretto, e quindi il rischio contagio, con soggetti colpiti da infezioni generiche come, per esempio, le sindromi influenzali, e astenersi dal consumo di alcuni farmaci, come la procainamide, un antiaritmico, e l’idralazina, un antipertensivo”.

Tra le più frequenti, oltre all’artrite reumatoide che interessa l’un per cento degli adulti ultrasessantacinquenni (le donne sono oltre il doppio degli uomini), ci sono l’artrite psoriasica, il diabete mellito, il lupus e la sindrome da anticorpo antifosfolipidi.

Ma se dal punto di vista scientifico la comprensione dei meccanismi patologici alla base delle malattie autoimmuni è a buon punto, non è altrettanto semplice arrivare a una diagnosi precoce.
In molti casi, soprattutto quando la malattia è circoscritta ad alterazioni di lieve entità che non indirizzano granché, anche gli esami di routine non fanno emergere indizi significativi. Un problema per i medici, ma soprattutto il primo ostacolo per i pazienti.

È solo l’inizio di un lungo iter, con il medico di famiglia ancora non orientato alla malattia autoimmune e il paziente spaesato che si lascia andare a mille congetture.
E più è lungo il periodo dell’incertezza diagnostica, più è sofferta la situazione psicologica del paziente, costretto, prima di approdare in un centro specialistico, a inutili e dispendiosi pellegrinaggi.

“È come un cane che si morde la coda”, dice Marone, “perché il dubbio in cui vive il malato gioca un ruolo negativo proprio sull’evoluzione della patologia autoimmune, su cui lo stress agisce in maniera significativa”.

Anche in questo caso, sul banco degli imputati sale un deficit di comunicazione tra i vari specialisti (immunologo, reumatologo e neurologo) e i suoi colleghi della medicina di base. Se infatti, al primo sospetto, il paziente fosse indirizzato nella struttura più idonea, potrebbe giovarsi di una diagnosi quasi immediata.

A supplire, in parte, alla carenza di dialogo, intervengono le associazioni dei pazienti. Organismi che oltre a fornire un valido aiuto dal punto di vista informativo, si fanno carico dei problemi pratici, diventando i loro portavoce nei confronti delle istituzioni. Nel mondo e in Italia sono molte. Le più importanti: Lega Italiana Malattie Reumatiche (Limar, tel.055.28.51.47); Anmar (Associazione nazionale malati reumatici, via Vittorio Polacco 37 Roma – tel/fax 06 66.01.67.20).

Per tutte le altre basta collegarsi a internet per ottenere qualsiasi tipo di informazione, dall’indirizzo al numero di telefono.

 

di Giuseppe Del Bello

da Repubblica.it Supplemento Salute