La conta dei carboidrati – 4 – Carico glicemico. A cura del Dr Andrea Scaramuzza
1. Un altro limite, invece, è che l’indice glicemico descrive un aspetto puramente qualitativo degli alimenti; facciamo un esempio: il fruttosio ha un indice glicemico che è un terzo di quello del glucosio (circa 33), ma 30 g di fruttosio provocano un rilascio insulinico più elevato rispetto a 8 g di zucchero (il cui indice glicemico è però 100).
2. Per ovviare a questo limite è stato introdotto il concetto di carico glicemico, cioè di un numero che tenga conto anche della quantità di carboidrati presenti nell’alimento e non solo della sua quantità. Il carico glicemico rappresenta il valore ottenuto moltiplicando la quantità di carboidrati consumati in grammi per il loro indice glicemico e rapportato a 100.
3. Questo è il modo migliore per avere la percezione di ‘quanto’ quell’alimento influirà sulla glicemia di un soggetto, che abbia o meno il diabete. Perché non sempre alimenti ad alto indice glicemico sono responsabili di un innalzamento maggiore della glicemia rispetto ad alimenti a basso indice glicemico.
4. Per esempio, due diete contenenti una 200 grammi di carboidrati con indice glicemico medio di 60 e l’altra 150 g di carboidrati con indice glicemico di 80 hanno lo stesso carico glicemico e hanno quindi lo stesso impatto sulla glicemia. Così come una dieta contenente 50 g di carboidrati a indice glicemico 70 ha un impatto minore sulla glicemia di una dieta a più basso indice glicemico (ad es. 40), ma contenente 150 g di carboidrati.