La cura del diabete passa dallo studio del ricambio idrico
CURARE IL DIABETE di tipo 2, quello che colpisce gli adulti, passando per i reni. É la nuova opportunità che la ricerca offre per fermare una patologia che colpisce quattro milioni di italiani e che non accenna a frenarsi vista la tendenza all’aumento di peso e la scarsa attività fisica di moltissime persone. «Il rene ha un ruolo importante nel mantenere sotto controllo la glicemia, i valori di glucosio nel sangue, e recupera lo stesso glucosio quando serve – spiega Stefano Del Prato, presidente designato della Società italiana di diabetologia e docente all’Università di Pisa — . Nel diabetico questo recupero è paradossalmente eccessivo. Per questo è possibile agire sul rene – è allo studio tra l’altro un farmaco chiamato dapagliflozin – si punta ad aiutare l’organismo a controllare meglio la glicemia, e quindi a favorire l’azione di altre cure già disponibili».
Di conseguenza si regola meglio l’eliminazione dell’acqua, e si riduce, sia pure di poco, la pressione arteriosa, spezzando quel meccanismo a catena che spiega come mai l’85% dei diabetici di tipo 2 vada incontro a inconvenienti quali infarto o ictus.
«Al giorno d’oggi il diabete rappresenta una vera epidemia, che va affrontata sotto tutti gli aspetti: dalla prevenzione alla cura — commenta Carlo B. Giorda, presidente dell’Associazione medici diabetologi (AMD) —. Abbiamo considerato 370 milioni di ammalati entro i prossimi 20 anni, una malattia che cresce di più, contrariamente a ciò che si pensa, nei paesi in via di sviluppo e che richiede un intervento urgente».
SUL FRONTE delle terapie, va sottolineato come si punti molto sui farmaci che agiscono su particolari enzimi in grado di favorire la presenza di composti (GLP-1) normamente presenti nell’intestino che si riducono nel diabetico e vengono degradati molto rapidamente. Le GLP-1 hanno il compito di preservare l’attività delle isole del pancreas che producono insulina. Questi medicinali, come ad esempio saxagliptin, linagliptin e altri, possono consentire anche la riduzione di effetti indesiderati dei farmaci più datati, per se sempre efficaci, come l’aumento di peso e le cadute improvvise dei tassi di glucosio (ipoglicemie) che penalizzano la qualità di vita dei malati.
di Federico Mereta