La mortalità cresce dell’1,1% all’anno fra gli uomini e dell’1,3% fra le donne. In Italia 1 decesso ogni 20 minuti
A livello mondiale, se nei primi anni del duemila, il 59% della mortalità era attribuibile alle malattie non trasmissibili, come il diabete, nel 2030 si stima che il 69% dei decessi sarà legato alle patologie croniche. Tuttavia, mentre la mortalità per tumori e malattie cardiovascolari è in diminuzione, quella per diabete cresce dell’1,1% all’anno fra gli uomini e dell’1,3% fra le donne.
Sono questi alcuni dati contenuti nella settima edizione dell’Italian Barometer Diabetes Report 2014, prodotto dall’Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation e presentato questa mattina al Ministero della Salute.
Una pubblicazione, ha spiegato Renato Lauro, Presidente dell’IBDO Foundation che risponde all’esigenza di “avere un quadro che annualmente segnali con puntualità i progressi realizzati da Istituzioni e comunità scientifica nella lotta al diabete nel nostro Paese, contribuendo nel contempo ad animare il dibattito su questa importante patologia”.
Puntare i riflettori su questa patologia è sempre di più una priorità, come dimostrano i dati: “Entro il 2030 il diabete passerà dall’undicesima alla settima causa di morte nel mondo – ha spiegato Agostino Consoli,Professore ordinario di endocrinologia dell’Università di Chieti e Coordinatore del Rapporto – mentre nei Paesi industrializzati sarà al quarto posto, dietro soltanto alle malattie cardiovascolari, alle malattie cerebrovascolari e ai tumori delle vie respiratorie, ma molto più avanti rispetto agli altri tipi di tumore o ad altre patologie croniche. Poiché le malattie non trasmissibili sono in gran parte prevedibili, il numero di decessi potrebbe essere notevolmente ridotto attraverso opportune strategie di prevenzione basate suearly detection, diagnosis and treatment, ossia individuazione, diagnosi e trattamento precoci”.Tutte priorità che il Ministero della Salute non dimentica. “Stiamo mettendo il massimo impegno nella lotta alla malattia diabetica – ha ricordato il Sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo – sia attraverso programmi specifici, come previsto dal Piano Nazionale sulla prevenzione, sia attraverso la promozione di stili di vita salutari, prevista dal programma ‘Guadagnare Salute’, che ha come obiettivo la maggiore diffusione possibile di scelte di vita salutari, incentivando soprattutto l’attività motoria e la sana alimentazione. Si tratta di interventi intersettoriali tesi a coinvolgere tutti i protagonisti di quella filiera complessa che è il sistema salute, per raggiungere obiettivi ambiziosi quali il migliorare la qualità della vita, diminuire il numero delle cronicità e trasferire il conseguente risparmio dei costi dalla cura alla prevenzione”.
Dai dati raccolti nel Rapporto, in Italia circa 27mila persone nella fascia di età fra i 20 e i 79 anni muoiono ogni anno a causa del diabete, il che equivale a un decesso ogni 20 minuti. Si tratta comunque di un dato ampiamente sottostimato, sia perché non tiene conto delle fasce di età più avanzate, sia perché molti decessi per cause cardiovascolari, cerebrovascolari e per tumore sono in realtà da attribuire al diabete.
Oltre a ridurre l’aspettativa di vita di 5-10 anni, il diabete è responsabile di complicanze serie ed invalidanti. Dal 60% all’80% delle persone affette da diabete muoiono a causa di malattie cardiovascolari. Queste sono da due a quattro volte più frequenti nelle persone con diabete, rispetto a quelle senza, di pari età e sesso, e sono soprattutto le complicanze più gravi, quali infarto, ictus, scompenso cardiaco e morte improvvisa, a colpire più spesso chi ha il diabete.
Le complicanze del diabete.
La retinopatia diabetica costituisce la principale causa di cecità legale fra i soggetti in età lavorativa ed è inoltre responsabile del 13% dei casi di handicap visivo. Circa un terzo delle persone con diabete è affetto da retinopatia e ogni anno l’1% viene colpito dalle forme più severe di questa malattia. Sulla base delle stime che danno in continuo aumento la percentuale sulla popolazione di persone con diabete, e considerando che il 3-5% di queste è soggetto a retinopatia ad alto rischio, 90.000-150.000 cittadini italiani sono a rischio di cecità, se non individuati e curati in tempo.
Il 30-40% di chi soffre di diabete di tipo 1 e il 5-10% di quelli con diabete di tipo 2 sviluppano insufficienza renale terminale dopo 25 anni di malattia. In Italia oltre il 10% della popolazione dializzata è affetta da diabete e la percentuale sale a oltre il 30% nella fascia di età fra 46 e 75 anni. L’aspettativa di vita di un paziente in dialisi è inferiore di un terzo rispetto a un soggetto di pari età, sesso e razza, ed è di circa 9 anni se la dialisi inizia attorno ai 40 anni e di poco più di 4 se inizia a 59 anni.
Le complicanze agli arti inferiori, legate sia al danno vascolare sia a quello neurologico, aumentano con l’età fino ad interessare più del 10% delle persone con diabete oltre i 70 anni. Il 15% di chi ha il diabete sviluppa nel corso della vita un’ulcera agli arti inferiori, e un terzo va incontro ad amputazione. Fra chi è sottoposto ad amputazione non traumatica, il 50% è affetto da diabete. Il tasso di mortalità nelle persone con diabete è doppio in presenza di tali complicanze e il 50% di chi subisce un’amputazione maggiore va incontro a morte entro 5 anni.
Le complicanze neuropatiche sono inoltre responsabili di disfunzione erettile, che colpisce fino al 50% degli uomini con diabete di lunga durata. Questa condizione ha un enorme impatto sulla qualità della vita e rappresenta a sua volta un importante fattore di rischio di depressione.
“Per tutte queste ragioni, la malattia diabetica ha un forte impatto anche sulla famiglia di una persona che ne soffra. È nostro preciso dovere intervenire con iniziative legislative che promuovano non solo la prevenzione e favoriscano l’assistenza, ma rimuovano ogni eventuale barriera od ostacolo all’accesso alle cure e facilitino l’informazione e la conoscenza”, ha sottolineato Lorenzo Becattini, promotore, insieme a Luigi D’Ambrosio Lettieri, dell’Intergruppo parlamentare “Qualità della vita e diabete”.
IL RAPPORTO