La pasta è antidiabete (e potrebbe piacere anche ai cinesi)
La cucina italiana vista dai cinesi e viceversa. Preconcetti e stili di vita a confronto protagonisti dell’Expò di Shanghai 2010 (dall’11 al 14 settembre) dove arriverà la delegazione di PastaTrend, il primo salone della pasta Made in Italy, in “trasferta” in Cina per promuovere lo stile alimentare mediterraneo. La pasta italiana arriva su un mercato in cui dominano i noodles, una specie di spaghetti bianchi come il latte, ma anche i tortelloni ripieni di verdure cucinati solitamente cotti al vapore. Perché i cinesi dovrebbero scegliere di mangiare anche prodotti Made in Italy? Secondo Enrico Roda, direttore della Scuola di specializzazione di gastroenterologia dell`Università di Bologna, la pasta ha dalla sua effetti antidiabete. “La pasta italiana, grazie alle nostre materie prime di qualità, ai nostri metodi di produzione ed essiccazione, – spiega Roda – possiede un indice glicemico migliore rispetto alle paste cinesi. Per questo, fa in modo che l`assorbimento dello zucchero da parte dell`intestino sia più lento. Dunque riduce il rischio di diabete”.
L`appuntamento targato PastaTrend proporrà un confronto tra i due stili di vita. “Molti di noi pensano ancora che i cinesi mangino solo riso e ravioli al vapore. Di contro, loro pensano probabilmente che ci nutriamo di pizza e spaghetti”, diceGiuseppe Neri, vice presidente della Società Italiana dei neurologi, neurochirurghi e neuroradiologi ospedalieri. Per questo motivo, “la reciproca conoscenza sarà, invece, il punto di partenza per cogliere il meglio dei nostri diversi modelli alimentari – continua l’esperto – e ottenere una visione completa di come sia possibile vivere in salute migliorando stili di vita e alimentazione”. Non ha dubbi Alessandro Pinto, Esperto di Scienze dell’Alimentazione e Docente alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “La Sapienza” di Roma: “Interessante l’esperimento di utilizzare la pasta come base di ricette tradizionali cinesi e valutarne gusto e valore nutrizionale”. Ma attenzione, precisa Pinto, “le tradizioni alimentari e gastronomiche, a tutela della biodiversità sotto il profilo alimentare, nutrizionale e salutistico sono un patrimonio che non può e non deve essere sacrificato”.
di Cosimo Colasanto