La pressione ‘ballerina’ peggiora le complicanze cardiovascolari
Diversi studi hanno dimostrato che non solo elevati valori di pressione arteriosa ma anche un’aumentata variabilità della pressione da una visita all’altra, si associa ad un aumentato rischio di mortalità e morbilità cardiovascolare.
In particolare un controllo labile della pressione arteriosa, caratterizzato da una maggiore variabilità della pressione durante le visite ambulatoriali di controllo, si associa ad un maggior ispessimento della parete delle arterie, a disfunzione endoteliale (le cellule che rivestono le arterie dall’interno), a disfunzione autonomica (alterazioni del sistema nervoso autonomo, come un crollo della pressione nel mettersi in piedi), a infiammazione sistemica di basso grado, tutti fattori questi correlati alle patologie cardiovascolari, oltre che comuni complicanze del diabete. Uno studio presentato al congresso annuale dell’EASD in corso a Lisbona da Maria Grazia Radaelli e colleghi del Policlinico di Monza, ha cercato di individuare la presenza di una relazione tra un labile controllo della pressione arteriosa e un aumentato rischio di complicanze microvascolari (nefropatia, retinopatia) e macrovascolari (infarti, ictus) nei pazienti con diabete di tipo 2.
Gli autori hanno analizzato in modo trasversale la relazione esistente tra la documentata diagnosi di complicanze micro e macro-vascolari del diabete e il coefficiente di variazione delle misurazioni della pressione arteriosa sistolica e diastolica, rilevata in posizione seduta, in quasi 1000 pazienti che eseguivano almeno quattro visite di controllo presso il centro diabetologico nel periodo 2013-16. I risultati di questa analisi supportano l’ipotesi che nei soggetti con diabete di tipo 2, la mancanza di uno stabile controllo pressorio si associa ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari; meno forte appare invece la relazione con le complicanze micro-vascolari. Diabetologo e medico di famiglia, insomma, non devono preoccuparsi solo di ottenere un buon controllo della glicemia, ma anche un controllo della pressione stabile per ridurre le complicanze nelle persone affette da diabete di tipo 2 e migliorarne quindi l’aspettativa e la qualità di vita.
“Il team che ha in cura il paziente diabetico – spiega il professor Gianluca Perseghin, che insieme ai professori Giuseppe Mancia e Guido Grassi dell’Università di Milano Bicocca ha coordinato l’analisi dei dati – deve adoperarsi per aumentare la consapevolezza che il paziente deve avere che una puntuale e attenta somministrazione della terapia lo aiuta a prevenire le complicanze del diabete. E’ possibile infatti che la variabilità della pressione arteriosa riscontrata in alcuni pazienti possa dipendere anche da una incongrua e irregolare modalità di assunzione della terapia, che inducendo un controllo più labile, può favorire l’aterosclerosi e le malattie cardiovascolari”.
“I risultati di questo studio si inseriscono nell’ambito del campo di ricerca che indaga l’impatto della variabilità di fattori di rischio cardio-vascolari quali la pressione arteriosa, la glicemia, il colesterolo sul danno d’organo cardio-vascolare – commenta il professor Giorgio Sesti, presidente della SID – I risultati ottenuti supportano l’ipotesi che la variabilità della pressione arteriosa nei soggetti con diabete tipo 2 si associa ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari e che un controllo stabile della pressione arteriosa costituisce un importante target terapeutico. Sono particolarmente lieto che tali ricerche possano essere presentate in un importante congresso internazionale da una giovane ricercatrice sostenuta dalla SID”.