La qualità della vita è migliorata ma la discriminazione non è scomparsa

Com’è, oggi, la vita di un diabetico? Molto diversa rispetto a 20-30 anni fa, quando una diagnosi di diabete I poteva aprire scenari davvero poco piacevoli. Oggi non è più una malattia che in pochi anni può porta spesso a cecità o dialisi. Con le insuline ad azione lenta è diminuito il rischio di ipoglicemie, le penne per l’iniezione sono ben altro dalle siringhe in vetro da bollire, la glicemia si può misurare quanto e quando si vuole e non solo alla visita di controllo, i microinfusori sono sempre più piccoli e affidabili. Non a caso oggi l’aspettativa di vita di un diabetico è paragonabile a quella di una persona sana, un successo tangibile e reale per tutti i 300mila italiani che devono vedersela ogni giorno con glicemia e insulina. «Sono stati fatti tanti passi avanti e oggi si può convivere bene con la malattia – osserva Roberto Cocci, presidente di Diabete Forum -. Va anche detto, però, che molti diabetici continuano a illudersi che la cura risolutiva sia dietro l’angolo: purtroppo un caso al mondo risolto con un trapianto “speciale” non cambia la vita alla maggioranza di noi».

I costi del diabete – GUARDA

DISCRIMINAZIONI – «Dire a un paziente che dal diabete si potrà presto guarire, come capita spesso e volentieri a ogni nuova “scoperta”, è rischioso: c’è chi trascura le terapie convinto che a breve non ne avrà più bisogno», conferma Daniela D’Onofrio, responsabile di Portale Diabete, un sito indipendente che raccoglie informazioni per i malati. E i pazienti, stando ai loro racconti, più di tutto soffrono perché devono lottare ogni giorno contro difficoltà che non hanno nulla a che vedere con siringhe e dosaggi di insulina. Perché sulla carta nel nostro Paese scuole e posti di lavoro non discriminano i diabetici, gli esami per rinnovare la patente sono equi, tutti possono avere accesso alle strisce per la glicemia o ai microinfusori. Nei fatti, invece, è tutta un’altra storia. «Abbiamo leggi che “promettono” di tutelare i diabetici, ma nella realtà i diritti dei pazienti sono ben poco rispettati. E così molti sono terrorizzati dalla burocrazia», dice la D’Onofrio.
Difficile dargli torto: esistono linee guida del 2006 secondo cui è il diabetologo a dover indicare quando rinnovare la patente diguida sulla base delle condizioni cliniche del malato, nei fatti quasi tutte le commissioni per le patenti ignorano il certificato dello specialista e costringono a visite frequenti anche persone in ottimo controllo glicemico. A scuola i bambini diabetici incontrano difficoltà: a qualcuno viene chiesto di uscire dalla classe per misurare la glicemia o fare l’iniezione, insegnanti e personale scolastico a volte non collaborano e diverse mamme finiscono per fare la spola fra casa e scuola. È difficilissimo avere i microinfusori con i sensori, le regole cambiano perfino da provincia a provincia; in ogni Regione c’è un “tetto” diverso al numero di strisce per misurare il glucosio che si possono avere, così tanti pazienti finiscono per doverle pagare di tasca propria. «Le complicanze possono essere prevenute mantenendo un buon controllo glicemico, perciò si insiste tanto sull’importanza dell’autocontrollo. Ma che senso ha se poi i pazienti non possono misurarsi la glicemia quando serve?» osserva la D’Onofrio.

 

Da Corriere.it Salute