Le pillole del dr Andrea Scaramuzza ATTD 2025, day 2
La seconda giornata di lavori si è aperta con la sessione piu interessante, a mio giudizio, dal significativo titolo Hot from the oven, che potremmo tradurre con ‘cosa bolle in pentola?’.
Klemen Dovč ha presentato i risultati dello studio Lenny, che ha valutato l’uso di MiniMed 780G nei bambini con diabete in età prescolare. La gestione del diabete nei bambini molto piccoli è difficile a causa dell’imprevedibilità di comportamento, dieta e movimento, che comporta un’elevata variabilità glicemica e di conseguenza del fabbisogno insulinico. Esiste un divario significativo nell’adozione di tecnologie avanzate per la gestione del diabete nei bambini piccoli, che sono particolarmente inclini ai rischi dell’iperglicemia. Lo studio Lenny ha dimostrato che l’automazione ha migliorato il tempo in target del 10%, mentre il proseguimento dello studio ha confermato che anche la HbA1c non era peggiore se confrontata ad altre strategie terapeutiche. Il sistema è stato usato per oltre il 95% in modalità automatica e si è inoltre osservata una netta riduzione nel controllo della glicemia capillare. I miglioramenti della qualità del sonno sono stati sostenuti, consentendo alle famiglie di avere una vita più normale senza frequenti sveglie notturne.
Neale Cohen ha portato i primi risultati dello studio CLOSE IT, dove per la prima volta è stato studiato un sistema ad ansa chiusa. La percentuale di tempo in target non è stata inferiore ai sistemi a circuito chiuso ibridi, senza aumentare il rischio di ipoglicemia. Il sistema a circuito completamente chiuso ha mostrato risultati promettenti, in particolare per gli individui con scarsa compliance, anche se saranno necessari ulteriori studi per valutarne la sicurezza e l’efficacia a lungo termine.
Colin Dayan ha raccontato, invece, i risultati dello studio PROTECT che ha dimostrato che Teplizumab ha contribuito a preservare significativamente la funzione delle cellule beta nel diabete di tipo 1 all’esordio, migliorando il tempo in target senza aumentare quello in ipoglicemia.
I partecipanti trattati con Teplizumab hanno richiesto significativamente meno insulina per raggiungere gli obiettivi glicemici rispetto al gruppo placebo.
I partecipanti trattati con Teplizumab hanno richiesto significativamente meno insulina per raggiungere gli obiettivi glicemici rispetto al gruppo placebo.
Infine Satish Garg, editor in chief della rivista DiabetesTechnology and Therapeutics ha fatto vedere i primissimi risultati appena pubblicati proprio ieri, su Dexcom G7 nella versione 15 giorni. Dexcom G7 ha dimostrato un’elevata accuratezza con una differenza relativa assoluta media (MARD) dell’8%, migliorando ulteriormente rispetto alla versione precedente. Il sensore G7 ha mostrato un’elevata accuratezza su varie concentrazioni di glucosio e tassi di variazione, con un periodo di warmup di 27 minuti. Ora manca solo l’approvazione delle agenzie regolatorie per poterlo iniziare ad utilizzare.
A seguire, sempre in plenaria, una sessione sull’importanza del CGM come possibile strumento diagnostico nei pazienti a rischio di sviluppare diabete tipo 1.
Ha rotto il ghiaccio Chantal Mathieu, attuale presidente EASD, che ha parlato della medicina di precisione. Il monitoraggio continuo del glucosio (CGM) è in fase di studio come strumento diagnostico per vari stadi del diabete, tra cui il diabete di tipo 1 in fase iniziale e il diabete di tipo 2. La medicina di precisione permette di raffinare la classificazione del diabete tipo1, dettagliando maggiormente gli stadi della malattia. La ricerca indica che la presenza di due o più autoanticorpi nel sangue è un forte predittore della progressione verso il diabete conclamato di stadio 3 che richiede insulina. La tecnologia CGM viene utilizzata per monitorare i livelli di glucosio negli individui a rischio di diabete in fase iniziale, fornendo informazioni sulla progressione della malattia. Esiste una significativa variabilità biologica nei livelli di glucosio tra gli individui, che potrebbe influire sulla prevedibilità della progressione della malattia utilizzando i dati CGM. I dati CGM, se combinati con altri marcatori come l’emoglobina glicata, possono migliorare la previsione della progressione verso il diabete di tipo 1 in stadio 3.
Ha rotto il ghiaccio Chantal Mathieu, attuale presidente EASD, che ha parlato della medicina di precisione. Il monitoraggio continuo del glucosio (CGM) è in fase di studio come strumento diagnostico per vari stadi del diabete, tra cui il diabete di tipo 1 in fase iniziale e il diabete di tipo 2. La medicina di precisione permette di raffinare la classificazione del diabete tipo1, dettagliando maggiormente gli stadi della malattia. La ricerca indica che la presenza di due o più autoanticorpi nel sangue è un forte predittore della progressione verso il diabete conclamato di stadio 3 che richiede insulina. La tecnologia CGM viene utilizzata per monitorare i livelli di glucosio negli individui a rischio di diabete in fase iniziale, fornendo informazioni sulla progressione della malattia. Esiste una significativa variabilità biologica nei livelli di glucosio tra gli individui, che potrebbe influire sulla prevedibilità della progressione della malattia utilizzando i dati CGM. I dati CGM, se combinati con altri marcatori come l’emoglobina glicata, possono migliorare la previsione della progressione verso il diabete di tipo 1 in stadio 3.
Smadar Shilo ha parlato dell’uso dei big data per affinare le diagnosi. Sfruttare i dati CGM e omics per ottenere informazioni più approfondite sulla variabilità del glucosio e sulle sue implicazioni per la salute non è più un’utopia.
Il CGM è già considerato uno standard di cura nel diabete di tipo 1 e viene sempre più utilizzato nel diabete di tipo 2, con prove che mostrano benefici metabolici e tassi di ospedalizzazione ridotti.
Il CGM è già considerato uno standard di cura nel diabete di tipo 1 e viene sempre più utilizzato nel diabete di tipo 2, con prove che mostrano benefici metabolici e tassi di ospedalizzazione ridotti.
Tadej Battelino ha raccontato gli studi che suggeriscono che il CGM possa essere utilizzato in maniera conveniente nella gestione del diabete di tipo 2, anche in popolazioni non trattate con insulina, migliorando i livelli di glicata e riducendo l’ipoglicemia.
C’è un crescente interesse nell’uso del CGM per la diagnosi precoce di disglicemia e prediabete, con il potenziale di prevenire la progressione verso il diabete di tipo 2. La ricerca indica che livelli elevati di glucosio, anche entro l’intervallo normale, possono essere dannosi per la salute del cervello, sottolineando l’importanza della diagnosi e dell’intervento precoci. Questo ha sollecitato la richiesta di un uso più ampio del CGM nel prediabete e nella disglicemia precoce per identificare gli individui a rischio e intervenire tempestivamente per prevenire le complicanze. Si sta cercando di definire un consenso sull’uso del CGM come strumento diagnostico.
C’è un crescente interesse nell’uso del CGM per la diagnosi precoce di disglicemia e prediabete, con il potenziale di prevenire la progressione verso il diabete di tipo 2. La ricerca indica che livelli elevati di glucosio, anche entro l’intervallo normale, possono essere dannosi per la salute del cervello, sottolineando l’importanza della diagnosi e dell’intervento precoci. Questo ha sollecitato la richiesta di un uso più ampio del CGM nel prediabete e nella disglicemia precoce per identificare gli individui a rischio e intervenire tempestivamente per prevenire le complicanze. Si sta cercando di definire un consenso sull’uso del CGM come strumento diagnostico.
La mattina è proseguita con le short oral presentation, a cui abbiamo contribuito con una decina di presentazioni italiane sparse nei 3 giorni, tutte di grande interesse.
In plenaria bel simposio, sponsorizzato da Medtronic, dedicato all’uso della tecnologia AID in situazioni o gruppi particolari, dove ha confermato la sua efficacia e sicurezza.
Il pomeriggio si è aperto con una serie di simposi in parallelo, fra i quali quello in cui ho avuto l’onore di tenere una relazione e dedicato alla gestione dell’esercizio fisico. Klemen Dovc ha parlato della gestione dell’esercizio fisico programmato o meno. Io mi sono dedicato ai differenti sistemi AID e alle loro diverse caratteristiche, Cristophe De Block allo studio ACT-ONE, utilizzando MiniMed 780G, mentre Othmar Moser ha parlato delle linee guida appena pubblicate.
L’uso dei sistemi automatici di somministrazione di insulina durante l’attività sportiva stanno guadagnando popolarità. I sistemi AID regolano continuamente la somministrazione di insulina in risposta alle variazioni del glucosio, il che può essere utile durante l’esercizio fornendo una gestione proattiva dell’insulina. Le diverse modalità di esercizio influenzano la glicemia in modo diverso: l’esercizio aerobico in genere abbassa la glicemia, mentre l’esercizio anaerobico può aumentarla a causa degli ormoni controregolatori. La pianificazione dell’esercizio con i sistemi AID comporta l’impostazione di funzioni specifiche come il target personale o temporaneo, che variano a seconda del dispositivo e possono migliorare i risultati glicemici. Gli studi dimostrano che l’uso dei sistemi AID può migliorare il tempo in target e ridurre l’ipoglicemia durante l’esercizio, ma l’individualizzazione delle impostazioni è fondamentale. L’assunzione di carboidrati durante l’esercizio dovrebbe essere regolata in base al tipo e all’intensità dell’esercizio, con grande attenzione alla prevenzione dell’ipoglicemia.
C’è la necessità di conoscere bene le varie funzionalità del sistema per gestire efficacemente la glicemia in corso di attività sportiva.
L’educazione degli operatori sanitari e dei pazienti è essenziale per aumentare l’adesione alle raccomandazioni sull’utilizzo dinquesti sistemi in caso di attività sportiva, e per migliorare la gestione dell’esercizio nella cura del diabete. La ricerca futura potrebbe esplorare ulteriori biomarcatori come lattato e chetoni per migliorare la funzionalità del sistema AID e la gestione dell’esercizio.
L’educazione degli operatori sanitari e dei pazienti è essenziale per aumentare l’adesione alle raccomandazioni sull’utilizzo dinquesti sistemi in caso di attività sportiva, e per migliorare la gestione dell’esercizio nella cura del diabete. La ricerca futura potrebbe esplorare ulteriori biomarcatori come lattato e chetoni per migliorare la funzionalità del sistema AID e la gestione dell’esercizio.
Negli altri simposi si è parlato di terapie cellulari e sulla sopravvivenza, rigenerazione o sostituzione delle cellule beta.
La terapia farmacologica rigenerativa delle cellule beta umane è possibile, con risultati promettenti da piccole molecole come l’armina che ne inducono la replicazione. L’armina e gli agonisti del recettore GLP-1 agiscono in sinergia per indurre elevati tassi di proliferazione delle cellule beta umane, offrendo potenzialmente una nuova via di trattamento per il diabete.
L’uso di cellule beta derivate da cellule staminali per il trapianto sta avanzando, con sforzi per ottimizzare la differenziazione e l’attecchimento per migliorare i risultati.
Il ruolo dei macrofagi nel supportare la differenziazione e l’attecchimento delle cellule beta è in fase di studio, con il potenziale di migliorare il successo delle terapie derivate dalle cellule staminali.
La soppressione immunitaria localizzata mediante cellule soppressorie ingegnerizzate offre un nuovo approccio per proteggere le cellule beta trapiantate dall’attacco immunitario. Prendere di mira le cellule beta endogene con terapie come gli inibitori TXNIP mostra risultati promettenti nel preservare la funzione delle cellule beta e migliorare l’omeostasi del glucosio nel diabete di tipo 1.
Lo sviluppo di inibitori TXNIP più specifici, come TXNIP-100, offre potenziali vantaggi rispetto ai trattamenti esistenti come il verapamil, con una potenza migliorata e meno effetti collaterali.
La combinazione di terapie di sopravvivenza delle cellule beta con approcci immunomodulatori può migliorare l’efficacia dei trattamenti per il diabete di tipo 1.
Gli studi clinici e la ricerca in corso sono fondamentali per far progredire queste terapie e comprendere il loro impatto a lungo termine sulla gestione del diabete.
La terapia farmacologica rigenerativa delle cellule beta umane è possibile, con risultati promettenti da piccole molecole come l’armina che ne inducono la replicazione. L’armina e gli agonisti del recettore GLP-1 agiscono in sinergia per indurre elevati tassi di proliferazione delle cellule beta umane, offrendo potenzialmente una nuova via di trattamento per il diabete.
L’uso di cellule beta derivate da cellule staminali per il trapianto sta avanzando, con sforzi per ottimizzare la differenziazione e l’attecchimento per migliorare i risultati.
Il ruolo dei macrofagi nel supportare la differenziazione e l’attecchimento delle cellule beta è in fase di studio, con il potenziale di migliorare il successo delle terapie derivate dalle cellule staminali.
La soppressione immunitaria localizzata mediante cellule soppressorie ingegnerizzate offre un nuovo approccio per proteggere le cellule beta trapiantate dall’attacco immunitario. Prendere di mira le cellule beta endogene con terapie come gli inibitori TXNIP mostra risultati promettenti nel preservare la funzione delle cellule beta e migliorare l’omeostasi del glucosio nel diabete di tipo 1.
Lo sviluppo di inibitori TXNIP più specifici, come TXNIP-100, offre potenziali vantaggi rispetto ai trattamenti esistenti come il verapamil, con una potenza migliorata e meno effetti collaterali.
La combinazione di terapie di sopravvivenza delle cellule beta con approcci immunomodulatori può migliorare l’efficacia dei trattamenti per il diabete di tipo 1.
Gli studi clinici e la ricerca in corso sono fondamentali per far progredire queste terapie e comprendere il loro impatto a lungo termine sulla gestione del diabete.
Si è parlato di telemedicina e della sua importanza per limitare l’accesso in clinica con risparmio di tempo sia per gli operatori che per le famiglie e i piccoli pazienti. Nuove prove supportano l’uso del monitoraggio remoto per migliorare il compenso glico-metabolico della popolazione nel diabete pediatrico di tipo 1.
Ora bisogna educare le famiglie e implementare sistemi di scarico e analisi dati più efficienti.
Ora bisogna educare le famiglie e implementare sistemi di scarico e analisi dati più efficienti.
Si è parlato di obesità, cause, rischi e strategie di gestione, ma si è parlato anche di screening delle persone a rischio di sviluppare diabete tipo 1.
La sessione si è concentrata sulla diagnosi precoce del diabete di tipo 1, sottolineando l’importanza di identificare la malattia anni prima che sia necessaria l’insulina e di integrare lo screening nei sistemi sanitari globali.
L’approccio di Breakthrough T1D (che prima si chiamava JDRF) alla diagnosi precoce coinvolge ricerca, advocacy, affari normativi, politica sanitaria e affari medici, dando vita a una strategia completa per raggiungere l’adozione clinica dello screening a livello di popolazione.
La storia familiare è un forte predittore del diabete di tipo 1, ma la maggior parte delle persone affette dalla malattia non ha una storia familiare, evidenziando la necessità di uno screening a livello di popolazione per evitare di perdere il 90% dei casi potenziali.
Lo screening degli autoanticorpi è un predittore quasi certo di diabete clinico, con due o più autoanticorpi persistenti che indicano un rischio di malattia prossimo al 100%.
Lo screening della popolazione generale ha dimostrato di avere successo nel ridurre l’incidenza della chetoacidosi diabetica (DKA) alla diagnosi. Le sfide nello screening della popolazione includono l’educazione dei professionisti sanitari, lo sviluppo di flussi di lavoro sostenibili, la creazione di un linguaggio condiviso per il diabete di tipo 1 in fase iniziale e il coinvolgimento della comunità nel sostenere la diagnosi precoce.
Lo studio pilota italiano, D1CE, ha dimostrato la fattibilità dello screening per il diabete di tipo 1 e la celiachia nei bambini, ottenendo alti tassi di partecipazione e sottolineando il potenziale per un programma nazionale. Il progetto EDENT1FI mira a sviluppare una strategia europea per lo screening del diabete di tipo 1 in fase iniziale, affrontando le sfide organizzative, etiche e di comunicazione nei diversi sistemi sanitari. Il progetto prevede l’istituzione di un’infrastruttura di screening, lo sviluppo di protocolli di monitoraggio e l’esplorazione di nuovi modelli di sperimentazione per interventi nel diabete di tipo 1 in fase iniziale.
La sessione si è concentrata sulla diagnosi precoce del diabete di tipo 1, sottolineando l’importanza di identificare la malattia anni prima che sia necessaria l’insulina e di integrare lo screening nei sistemi sanitari globali.
L’approccio di Breakthrough T1D (che prima si chiamava JDRF) alla diagnosi precoce coinvolge ricerca, advocacy, affari normativi, politica sanitaria e affari medici, dando vita a una strategia completa per raggiungere l’adozione clinica dello screening a livello di popolazione.
La storia familiare è un forte predittore del diabete di tipo 1, ma la maggior parte delle persone affette dalla malattia non ha una storia familiare, evidenziando la necessità di uno screening a livello di popolazione per evitare di perdere il 90% dei casi potenziali.
Lo screening degli autoanticorpi è un predittore quasi certo di diabete clinico, con due o più autoanticorpi persistenti che indicano un rischio di malattia prossimo al 100%.
Lo screening della popolazione generale ha dimostrato di avere successo nel ridurre l’incidenza della chetoacidosi diabetica (DKA) alla diagnosi. Le sfide nello screening della popolazione includono l’educazione dei professionisti sanitari, lo sviluppo di flussi di lavoro sostenibili, la creazione di un linguaggio condiviso per il diabete di tipo 1 in fase iniziale e il coinvolgimento della comunità nel sostenere la diagnosi precoce.
Lo studio pilota italiano, D1CE, ha dimostrato la fattibilità dello screening per il diabete di tipo 1 e la celiachia nei bambini, ottenendo alti tassi di partecipazione e sottolineando il potenziale per un programma nazionale. Il progetto EDENT1FI mira a sviluppare una strategia europea per lo screening del diabete di tipo 1 in fase iniziale, affrontando le sfide organizzative, etiche e di comunicazione nei diversi sistemi sanitari. Il progetto prevede l’istituzione di un’infrastruttura di screening, lo sviluppo di protocolli di monitoraggio e l’esplorazione di nuovi modelli di sperimentazione per interventi nel diabete di tipo 1 in fase iniziale.
Infine si è parlato di studi di simulazione indispensabili per testare nuove strategie e mettere a punto modelli funzionanti e del sistema SmartMDI, sensore Simplera e InPen, modello vincente per chi non ama il microinfusore.
Simposio di Dexcom in plenaria dove sono stati presentate quelle che saranno le novità dei prossimi anni.
Su tutte il più abbordabile al momento é Dexcom G7 che dura 15 giorni, ma ne abbiamo già parlato.
Su tutte il più abbordabile al momento é Dexcom G7 che dura 15 giorni, ma ne abbiamo già parlato.
Questa lunga giornata densa di incontri si è chiusa con un’altra carrellata di simposi in parallelo fra i quali ve ne segnalo un paio.
Il primo dal titolo ‘La realtà dell’uso della tecnologia‘ ha visto coinvolti fianco a fianco clinici e persone con diabete, esperti di media e influencers. La tecnologia svolge un ruolo cruciale nella gestione del diabete, con un’attenzione particolare alle esperienze di chi vive con il diabete e al loro contributo al lavoro politico nazionale. I social media sono uno strumento potente per l’istruzione, la creazione di comunità e la guida del cambiamento all’interno dell’ecosistema del diabete, coinvolgendo pazienti, operatori sanitari, ricercatori e membri del settore.
La trasmissione di informazioni sui social media può umanizzare gli operatori sanitari e fornire una piattaforma per la condivisione di esperienze e approfondimenti personali, che possono portare a un migliore processo decisionale e a una migliore assistenza.
Ci sono sfide nel garantire che l’impegno sui social media sia inclusivo e rappresentativo di tutte le comunità e dovrebbero essere compiuti sforzi per raggiungere i gruppi sottorappresentati.
Nel Regno Unito, sono stati compiuti progressi significativi nell’adozione del monitoraggio continuo della glicemia e dei sistemi ibridi a circuito semi chiuso per la gestione del diabete, guidati dalla difesa dei pazienti e dalla collaborazione tra le parti interessate.
I dati sono essenziali per guidare i cambiamenti politici e dimostrare l’impatto della tecnologia sui risultati sanitari, come si è visto nell’implementazione di successo del CGM per le donne incinte con diabete di tipo 1 nel Regno Unito. Sono in corso enormi sforzi per implementare sistemi ibridi a circuito chiuso in gravidanza, con un’attenzione al superamento di barriere come la scelta del paziente, la compatibilità della tecnologia e la formazione per gli operatori sanitari.
I social media possono essere uno strumento prezioso per imparare e ascoltare, fornendo approfondimenti sulle esperienze e le esigenze dei pazienti che potrebbero non essere catturati nei tradizionali contesti clinici. È necessario considerare attentamente il linguaggio e il consenso del paziente quando si condividono informazioni sui social media, per garantire un coinvolgimento rispettoso ed etico. La collaborazione oltre i confini tradizionali, che coinvolge pazienti, medici, ricercatori e decisori politici, è fondamentale per implementare con successo la tecnologia e migliorare l’assistenza al diabete.
La trasmissione di informazioni sui social media può umanizzare gli operatori sanitari e fornire una piattaforma per la condivisione di esperienze e approfondimenti personali, che possono portare a un migliore processo decisionale e a una migliore assistenza.
Ci sono sfide nel garantire che l’impegno sui social media sia inclusivo e rappresentativo di tutte le comunità e dovrebbero essere compiuti sforzi per raggiungere i gruppi sottorappresentati.
Nel Regno Unito, sono stati compiuti progressi significativi nell’adozione del monitoraggio continuo della glicemia e dei sistemi ibridi a circuito semi chiuso per la gestione del diabete, guidati dalla difesa dei pazienti e dalla collaborazione tra le parti interessate.
I dati sono essenziali per guidare i cambiamenti politici e dimostrare l’impatto della tecnologia sui risultati sanitari, come si è visto nell’implementazione di successo del CGM per le donne incinte con diabete di tipo 1 nel Regno Unito. Sono in corso enormi sforzi per implementare sistemi ibridi a circuito chiuso in gravidanza, con un’attenzione al superamento di barriere come la scelta del paziente, la compatibilità della tecnologia e la formazione per gli operatori sanitari.
I social media possono essere uno strumento prezioso per imparare e ascoltare, fornendo approfondimenti sulle esperienze e le esigenze dei pazienti che potrebbero non essere catturati nei tradizionali contesti clinici. È necessario considerare attentamente il linguaggio e il consenso del paziente quando si condividono informazioni sui social media, per garantire un coinvolgimento rispettoso ed etico. La collaborazione oltre i confini tradizionali, che coinvolge pazienti, medici, ricercatori e decisori politici, è fondamentale per implementare con successo la tecnologia e migliorare l’assistenza al diabete.
Il secondo sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale, a cui a partecipato un mio grande amico ed ex compagno di liceo, l’ingegner Riccardo Bellazzi.
L’intelligenza artificiale può migliorare l’assistenza al diabete integrando modelli predittivi complessi che prendono in considerazione un’ampia gamma di dati, tra cui immagini, note testuali e dati dei sensori, che in genere non vengono utilizzati nei calcolatori di rischio standard. I modelli di apprendimento automatico per la previsione delle complicanze del diabete stanno diventando standardizzati, con un consenso sulla creazione di modelli che includono progettazione dello studio, raccolta dati, pre-elaborazione, selezione delle funzionalità, formazione e convalida. C’è bisogno di una convalida esterna dei modelli di apprendimento automatico per garantirne la trasferibilità e l’efficacia tra diverse popolazioni e contesti. L’intelligenza artificiale generativa ha il potenziale per rivoluzionare la cura del diabete generando dati sintetici, creando pazienti virtuali. Il rilevamento e il dosaggio dei pasti guidati dall’intelligenza artificiale nei sistemi di somministrazione automatizzata di insulina possono migliorare il controllo della glicemia postprandiale. I sistemi di supporto alle decisioni cliniche possono aiutare i medici di medicina generale nella gestione del diabete fornendo cure basate sulle linee guida e concentrandosi sulle esigenze critiche durante le consultazioni, migliorando la conformità alle linee guida e i risultati dei pazienti. Gli approcci basati sui dati, tra cui analisi predittive e valutazioni personalizzate del rischio, possono motivare il cambiamento del comportamento e migliorare la gestione del diabete sia a livello individuale che di popolazione. Le sfide nell’implementazione dell’intelligenza artificiale nell’assistenza sanitaria includono l’interoperabilità dei dati, l’accettazione da parte di pazienti e medici, gli ostacoli normativi e la garanzia di un uso equo e rappresentativo dei dati.
Si è parlato ancora di obesità, dell’importanza degli screening e di una diagnosi precoce del diabete, e di come funzionano le agenzie regolatorie quando devono rilasciare le loro autorizzazioni.
Si è parlato anche di insuline e sistemi ad ansa chiusa, ma su questo ci ritorniamo.
In chiusura ci sono stati altri due simposi che meritano un breve accenno, il primo dedicato al percorso che manca per arrivare ad un sistema ad ansa completamente chiusa, l’altro alle novità in tema di insulina.
La sessione sull’ansa chiusa si è concentrata sulle sfide e i progressi nel raggiungimento di un sistema chiuso per la somministrazione automatizzata di insulina, in particolare tramite l’utilizzo del micro bi-ormonale. Gli attuali sistemi ibridi a circuito semi chiuso gestiscono bene l’insulina basale, ma hanno difficoltà con il controllo della glicemia durante i pasti, sia per l’uso di insuline troppo lente e per il rialzo gkicemico causato dal pasto. Gli approcci bi-ormonali che utilizzano insulina e amilina o glucagone sono in fase di studio per migliorare il controllo della glicemia postprandiale, ma devono ancora risolvere problematiche non di poco conto, come la necessità di iniezioni multiple e la complessità della gestione di due ormoni. Gli studi dimostrano che l’aggiunta di amilina all’insulina può ridurre le escursioni postprandiali, ma la fattibilità della co-formulazione di questi ormoni in un’unica infusione rimane una sfida. L’uso di analoghi dell’insulina ultra-rapidi e algoritmi avanzati per prevedere e rispondere con rapidità alle variazioni del glucosio è in fase di studio per migliorare la reattività dei sistemi ad ansa chiusa.
I sistemi “fai da te”, open source, come Android APS e Loop offrono funzionalità di gestione dei pasti più aggressive, ma richiedono una personalizzazione significativa e competenze tecniche, che potrebbero non essere adatte a tutti gli utenti. Le terapie aggiuntive, come gli agonisti del recettore GLP-1 e l’insulina inalatoria, sono integrazioni promettenti nella gestione delle escursioni glicemiche postprandiali e nella riduzione del fabbisogno insulinico, ma presentano una serie di sfide ed effetti collaterali. Il futuro dei sistemi ad ansa chiusa potrebbe comportare una combinazione di algoritmi avanzati, insuline ad azione più rapida e terapie aggiuntive per ottenere un migliore controllo della glicemia, senza la necessità di annuncire i pasti o saper fare il conteggio dei carboidrati.
La sessione sulle insuline era incentrata sullo sviluppo e l’uso dell’insulina polmonare, evidenziandone la rapida azione rispetto alle forme tradizionali. L’insulina Technosphere, una forma di insulina per inalazione, mostra una farmacodinamica più rapida rispetto a lispro (Humalog) e ad altre insuline ad azione rapida. Gli studi indicano che l’insulina Technosphere riduce al minimo i picchi glicemici postprandiali, ma il dosaggio richiede un attento aggiustamento, spesso necessitando di una dose da 2,5 a 3 volte superiore rispetto all’insulina rapida tradizionale. In uno studio, l’insulina Technosphere ha mostrato una non inferiorità nella riduzione della glicata rispetto alle cure abituali, con alcuni pazienti che hanno riscontrato miglioramenti significativi. Gli eventi avversi correlati all’insulina Technosphere sono stati minimi, con la tosse come evento avverso più comune, in genere di breve durata.
Le insuline basali settimanali come Icodec e Efsitora sono in fase di sviluppo per ridurre la frequenza delle iniezioni, e si dimostrano efficaci nel ridurre la glicata in pazienti con diabete tipo 2. Rimangono sfide significative nello sviluppo di insuline orali e sensibili al glucosio, in quanto mostrano una bassa biodisponibilità e un’elevata variabilità, rappresentando ostacoli significativi al loro sviluppo. Le insuline sensibili al glucosio mirano a regolare l’attività dell’insulina in base ai livelli di glucosio, ma ottenere la selettività e la velocità di risposta necessarie rimane difficile. L’insulina inalata in pediatria si mostra promettente, con studi che indicano un controllo efficace della glicemia e minimi effetti avversi, sebbene l’impatto sulla funzione polmonare a lungo termine sia ancora
a cura del dr Andrea Scaramuzza
Responsabile Endocrinologia, Diabetologia & Nutrizione Pediatrica presso ASST di Cremona