Le pillole del dr Andrea Scaramuzza ATTD 2025, day 4
Si è chiusa ad Amsterdam la 18esima conferenza sulle terapie e tecnologie avanzate per il diabete, ATTD, Advanced Technologies & Treatments for Diabetes.
La mattina si è aperta con due simposi sponsorizzati, il primo su nuove strategie terapeutiche per il diabete, il secondo sulle complicanze renali nelle persone con diabete e come curarle efficacemente.
A seguire una serie di simposi in parallelo con svariati argomenti, la gestione dei pazienti con diabete quando sono ospedalizzati, dai target raccomandabili all’uso del CGM, alla gestione della terapia con GLP-1, la gestione dei pazienti con diabete e deficit cognitivi, e le interessanti sessioni di comunicazioni orali.
Io mi sono concentrato sulla sessione in cui si è discusso di sistemi ad ansa chiusa. L’apprendimento automatico è fondamentale per i sistemi a circuito chiuso completamente automatizzati, con reti neurali addestrate ad eseguire il controllo a circuito chiuso. Il controllo a circuito chiuso completamente automatizzato è stato un obiettivo sin dai primi giorni del progetto del pancreas artificiale, con diversi sistemi commerciali emersi nell’ultimo decennio. Le sfide per i sistemi a circuito chiuso completamente automatizzati includono l’imprevedibilità di svariati eventi tipici della vita reale, come pasti ed esercizio fisico, che disturbano il sistema metabolico. Due metodi principali per adattare gli algoritmi di controllo a questi fattori sono il controllo basato su equazioni e le reti neurali, con queste ultime che richiedono una mole di dati significativa per il pre-addestramento. Studi recenti hanno dimostrato che le reti neurali possono approssimare gli algoritmi di controllo tradizionali e possono offrire vantaggi nei sistemi a circuito chiuso completamente automatizzati. L’innesco automatico del bolo è in fase di studio per migliorare i sistemi a circuito chiuso. Studi preliminari indicano che i sistemi ad ansa chiusa sono in grado di gestire i pasti e possono ottenere un migliore controllo della glicemia rispetto ai sistemi ibridi, con ricerche in corso per perfezionare queste tecnologie. La composizione del pasto, in particolare il contenuto di grassi e proteine, ha un impatto significativo sulle escursioni glicemiche postprandiali e gli attuali sistemi a circuito chiuso non sempre sono in grado di gestirle. I boli estesi potrebbero non fornire sempre un migliore controllo rispetto ai boli standard, evidenziando la necessità di ulteriori ricerche sulle strategie di infusione dell’insulina. L’esercizio fisico, infine, rappresenta una sfida significativa per i sistemi a circuito chiuso a causa della variabilità nella risposta glicemica, con ricerche in corso per rilevare e adattarsi all’esercizio in tempo reale. I sistemi a circuito completamente chiuso che incorporano glucagone e insulina ad azione rapida mostrano risultati promettenti nella gestione dei livelli di glucosio durante l’esercizio senza intervento manuale. L’iperglicemia perioperatoria è comune e associata a esiti avversi, con i sistemi a circuito chiuso che offrono una potenziale soluzione per un migliore controllo glicemico in ambito chirurgico. I sistemi a circuito chiuso hanno mostrato miglioramenti significativi nel tempo trascorso in target durante il periodo perioperatorio senza aumentare il rischio di ipoglicemia. Rimangono delle sfide nell’implementazione dei sistemi a circuito chiuso in ambito chirurgico, tra cui l’affidabilità del CGM e il coordinamento tra i team medici.
Si è parlato dell’utilità dell’intelligenza artificiale nel sostenere le scelte terapeutiche riguardo al dosaggio dell’insulina in svariate condizioni.
Interessante come al solito la sessione di Breakthrough T1D (prima conosciuta come JDRF), che si è concentrata sullo sviluppo di farmaci, dispositivi e interventi di salute comportamentale per trattare e prevenire il diabete di tipo 1, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e i risultati clinici. Bert Brueggeman ha discusso il potenziale della tecnologia in silico per rivoluzionare la cura del diabete rendendo i microinfusori piu piccoli, più precisi e convenienti, con un’attenzione al miglioramento del rilevamento dei guasti del set di infusione. Il futuro dei micro prevede la loro miniaturizzazione e l’integrazione con CGM, che potrebbero portare a sistemi di gestione del diabete più efficienti e intuitivi. Michael Schumacher ha evidenziato l’integrazione del CGM con micro, affrontando miti e prove scientifiche riguardanti potenziali interferenze e i vantaggi di un dispositivo combinato per semplicità e migliori risultati clinici. Elizabeth Brisbo ha discusso lo sviluppo di biomateriali avanzati per set di infusione di insulina, concentrandosi sui polimeri che rilasciano ossido nitrico per ridurre infiammazione e infezione, con l’obiettivo di estendere il tempo di utilizzo dei set di infusione. Ahmad Haar ha parlato dell’uso di terapie aggiuntive come semaglutide, empagliflozin e pramlintide con sistemi di somministrazione automatizzata di insulina, mostrando potenziali miglioramenti nel controllo del glucosio e nella semplificazione del conteggio dei carboidrati. L’integrazione di terapie aggiuntive con sistemi a circuito chiuso può migliorare il controllo della glicemia e ridurre la necessità di infusione manuale, sebbene permangano sfide nell’approvazione normativa e nella commercializzazione. La sessione si è conclusa con discussioni sull’equilibrio tra miglioramento della qualità della vita e risultati clinici, con un consenso sul fatto che sia i progressi scientifici sia le partnership commerciali sono cruciali per i futuri sviluppi nella cura del diabete di tipo 1.
E c’è stato spazio anche per discutere di nutrizione. La tecnologia ha trasformato i comportamenti alimentari correlati al diabete, in particolare con i sistemi AID, che possono ridurre il carico cognitivo del conteggio dei carboidrati e migliorare il controllo glicemico. Le persone con diabete tipo 1 spesso adottano regole alimentari per gestire la loro malattia, il che può predisporle a comportamenti alimentari disordinati. I sistemi AID possono offrire maggiore flessibilità dietetica e ridurre il rischio di questi comportamenti. La ricerca indica che i sistemi AID possono migliorare la qualità della vita e ridurre i conflitti familiari sul cibo, sebbene vi siano limitate ricerche quantitative sul loro impatto sui comportamenti correlati all’alimentazione. Gli studi hanno dimostrato che i sistemi AID potrebbero non modificare in modo significativo il numero di pasti o l’assunzione di carboidrati, ma possono ridurre il disagio alimentare e migliorare la qualità della vita. C’è bisogno di più ricerca sulla relazione tra sistemi AID e comportamenti alimentari disordinati, nonché sull’impatto a lungo termine sui cambiamenti del comportamento alimentare. Le sfide nella gestione nutrizionale con i sistemi AID includono il raggiungimento di un controllo glicemico ottimale postprandiale e la necessità di un’educazione nutrizionale continua per migliorare la qualità della dieta, poiché gli studi dimostrano che le persone con diabete tipo 1 spesso consumano quantità di grassi saturi superiori a quelle raccomandate e quantità inferiori di fibre alimentari. I comportamenti alimentari disordinati sono prevalenti tra gli adolescenti con diabete di tipo 1 e i sistemi AID possono aiutare a migliorare il controllo glicemico in questi individui. C’è bisogno di cure complete che integrino supporto emotivo e mentale insieme a tecnologie avanzate per affrontare le sfide nutrizionali nella gestione del diabete. L’ottimizzazione del dosaggio di insulina durante i pasti comporta la considerazione dell’impatto del tipo e della quantità di carboidrati, nonché di grassi e proteine, sulla glicemia postprandiale. Il conteggio dei carboidrati da solo potrebbe non essere sufficiente per i sistemi AID e potrebbero essere necessarie strategie aggiuntive per gestire pasti ricchi di grassi e proteine. C’è bisogno di valutazioni dietetiche ad alta fedeltà in contesti reali per valutare l’impatto dei farmaci agonisti del recettore GLP-1 sulla qualità della dieta e sul rischio di malattie cardiovascolari. La terapia nutrizionale medica può aiutare a gestire gli effetti collaterali dei farmaci agonisti del recettore GLP-1, come il disagio gastrointestinale, e migliorare la qualità complessiva della dieta.
Dopo il coffee break arricchito dalle ultime esposizioni delle startup presenti e delle comunicazioni orali brevi si è ripreso con un’altra carrellata di simposi. Il ruolo dell’infermiera nella gestione, dallo sviluppo di modelli innovativi alla produzione di materiale educazionale ad hoc, percorsi specifici per rendere i bambini autonomi dai genitori, all’importanza dell’educazione continua per ottenere sempre il massimo dai sistemi AID, all’importanza di una diagnosi precoce per evitare la chetoacidosi, fino agli aspetti pratici di gestione della terapia (esecuzione delle iniezioni, totazione dei siti, etc.).
Si è parlato di diffusione della tecnologia in diversi Paesi europei, con una diffusione capillare dei sensori, meno dei micro, comunque più diffusi in età pediatrica rispetto agli adulti. Si è parlato di salute femminile e delle differenze con i maschi. Importante anche il ruolo del fattore umano nell’uso corretto della tecnologia.
Estremamente stimolante il dibattito sull’uso o meno del placebo negli studi in cui si utilizzano farmaci che dovrebbero modificare il corso della malattia. Studi adattivi e uso del placebo. La discussione ha evidenziato le considerazioni etiche e il rigore scientifico associati agli studi controllati con placebo. Studi controllati con placebo: la motivazione a favore della prosecuzione degli studi controllati con placebo si basa sulla necessità di una solida base di evidenze. Gli studi controllati con placebo forniscono le migliori evidenze dell’efficacia di nuovi trattamenti, soprattutto quando la base di evidenze esistente è debole. Sfide nel reclutamento degli studi: il reclutamento per gli studi controllati con placebo è diventato più difficile, in particolare dopo il COVID-19. Gli studi con comparatori attivi o terapie combinate tendono a reclutare con maggiore successo. Rigore scientifico vs. beneficio per i partecipanti: sebbene gli studi controllati con placebo offrano rigore scientifico, potrebbero non massimizzare il beneficio per i partecipanti. I progetti di studio adattivi e i primi marcatori di risposta possono aiutare a ridurre l’esposizione al placebo e consentire approcci di trattamento più personalizzati. Importanza dei biomarcatori: identificare i responder alla terapia e convalidare i biomarcatori è fondamentale per migliorare i progetti e gli esiti degli studi. I biomarcatori possono aiutare a determinare quali pazienti hanno maggiori probabilità di trarre beneficio da terapie specifiche. Considerazioni normative: sia l’Agenzia europea per i medicinali che la FDA riconoscono l’importanza degli studi controllati con placebo, ma riconoscono anche il valore degli studi di confronto attivi. L’obiettivo è bilanciare il rigore scientifico con la fattibilità pratica. Direzioni future: la discussione ha sottolineato la necessità di progetti di studio innovativi che incorporino elementi adattivi e si concentrino su endpoint significativi. La collaborazione tra ricercatori, agenzie di regolamentazione e aziende farmaceutiche è essenziale per far progredire le opzioni di trattamento.
Ancora spazio all’intelligenza artificiale e al dibattito chetoni in continuo si o chetoni in continuo no.
Prima di arrivare alle considerazioni finali c’è ancora spazio per due simposi. Si è parlato ancora di tempo in normoglicemia dibattendo sull’opportunità o meno di perseguire questo target. Il concetto di “tempo in normoglicemia”, time in normal glycemia, TING, è proposto come obiettivo primario del trattamento e misura dell’esito nella gestione del diabete, sottolineando l’importanza di raggiungere livelli di glucosio fisiologici. L’evoluzione della tecnologia CGM ha consentito una migliore comprensione degli obiettivi di glucosio raggiungibili, con un’attenzione alla sicurezza e alla praticità. Dati real-time suggeriscono che raggiungere un tempo nell’intervallo glicemico normale è possibile con sistemi ibridi a circuito chiuso avanzati, senza aumentare il rischio di ipoglicemia. Esiste una potenziale correlazione tra il tempo nell’intervallo glicemico normale e una riduzione delle complicazioni a lungo termine, come retinopatia e complicazioni microvascolari. Il dibattito evidenzia la necessità di una gestione glicemica personalizzata, tenendo conto delle esigenze individuali del paziente e della praticità di raggiungere livelli di glucosio fisiologici. Vi sono però preoccupazioni circa l’onere psicologico e la praticità di mirare a un tempo in un intervallo così ristretto, in particolare per i pazienti con diabete di tipo 1 e i loro caregiver. Il dibattito riconosce la necessità di nuovi strumenti, nuovi standard e definizioni per supportare il panorama in evoluzione della cura del diabete e l’integrazione di nuove tecnologie e terapie. L’argomentazione contro il tempo in normoglicemia come obiettivo primario suggerisce che potrebbe non ridurre significativamente le complicazioni a lungo termine o migliorare la qualità della vita e potrebbe aumentare il rischio di ipoglicemia. La discussione conclude che, sebbene il tempo in un intervallo glicemico normale sia una metrica interessante, potrebbe essere troppo presto per adottarlo come standard universale per tutti i pazienti.
E last but not least la sessione di chiusura dal titolo evocativo “Toward the cure of type 1 diabetes “.
Si stanno esplorando nuove strategie per le terapie del diabete, tra cui terapia genica, sistemi automatici avanzati e farmaci antivirali che potrebbero ritardare l’insorgenza del diabete tipo 1.
Si sta verificando un aumento dei casi di diabete di tipo 1 a livello globale, probabilmente legato a infezioni virali come il COVID-19. Il trapianto di pancreas e isole pancreatiche è una valida opzione per la gestione del diabete tipo 1, sebbene richieda per ora immunosoppressione e abbia limitazioni legate ad uno scarso numero di donatori. Le terapie derivate dalle cellule staminali si stanno dimostrando promettenti, con alcuni pazienti che hanno raggiunto l’indipendenza dall’insulina. Si stanno sviluppando biomateriali e tecniche di incapsulamento per migliorare le terapie di sostituzione delle cellule beta e ridurre la necessità di immunosoppressione. Sono in corso ricerche per migliorare la vascolarizzazione degli isolotti trapiantati per migliorarne la sopravvivenza e la funzionalità. Ci si concentra sullo sviluppo di materiali compositi e tecniche di bioprinting per imitare meglio l’ambiente pancreatico per le terapie cellulari. Si stanno compiendo sforzi per comprendere l’eterogeneità del diabete di tipo 1 per sviluppare trattamenti più personalizzati ed efficaci. Terapie combinate, tra cui immunomodulazione e strategie di conservazione delle cellule beta, sono in fase di studio per prevenire e curare il diabete di tipo 1. Infine un auspicio penso condivisibile da tutti anche se da prendere con molta cautela, la necessità di sperimentazioni cliniche più brevi ed efficienti per testare nuove terapie per il diabete di tipo 1.
Si stanno esplorando nuove strategie per le terapie del diabete, tra cui terapia genica, sistemi automatici avanzati e farmaci antivirali che potrebbero ritardare l’insorgenza del diabete tipo 1.
Si sta verificando un aumento dei casi di diabete di tipo 1 a livello globale, probabilmente legato a infezioni virali come il COVID-19. Il trapianto di pancreas e isole pancreatiche è una valida opzione per la gestione del diabete tipo 1, sebbene richieda per ora immunosoppressione e abbia limitazioni legate ad uno scarso numero di donatori. Le terapie derivate dalle cellule staminali si stanno dimostrando promettenti, con alcuni pazienti che hanno raggiunto l’indipendenza dall’insulina. Si stanno sviluppando biomateriali e tecniche di incapsulamento per migliorare le terapie di sostituzione delle cellule beta e ridurre la necessità di immunosoppressione. Sono in corso ricerche per migliorare la vascolarizzazione degli isolotti trapiantati per migliorarne la sopravvivenza e la funzionalità. Ci si concentra sullo sviluppo di materiali compositi e tecniche di bioprinting per imitare meglio l’ambiente pancreatico per le terapie cellulari. Si stanno compiendo sforzi per comprendere l’eterogeneità del diabete di tipo 1 per sviluppare trattamenti più personalizzati ed efficaci. Terapie combinate, tra cui immunomodulazione e strategie di conservazione delle cellule beta, sono in fase di studio per prevenire e curare il diabete di tipo 1. Infine un auspicio penso condivisibile da tutti anche se da prendere con molta cautela, la necessità di sperimentazioni cliniche più brevi ed efficienti per testare nuove terapie per il diabete di tipo 1.
Si chiude qui questa diciottesima edizione di ATTD ricca di spunti e occasioni di riflessione e confronto. L’appuntamento è per il 2026 a Barcellona.
a cura del dr Andrea Scaramuzza
Responsabile Endocrinologia, Diabetologia & Nutrizione Pediatrica presso ASST di Cremona