L’estensione del diritto di assistenza ai parenti ed agli affini di terzo grado della persona con disabilità grave. Permessi, congedo straordinario, diritto alla scelta della sede, rifiuto del trasferimento, rifiuto di prestare lavoro notturno, domenicale
(L. 104/1992 art. 33, D.lgs 151/2001 artt. 33 e 42, come modificati dalla L. 183/2010 e dal D.lgs. 119/2011)
I permessi retribuiti.
Come già sappiamo con riguardo al minore, dichiarato disabile, e con handicap grave, i permessi retribuiti spettano ai genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità, o al coniuge, parenti o affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità.
Il diritto ai tre giorni di permesso mensile può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona in situazione di disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (L. 183/2010 – circ. 155/2010).
L’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono.
La possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti). Per quanto concerne le patologie invalidanti, ai fini dell’individuazione di tali patologie si prendono a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale n. 278 del 21 luglio 2000.
Il dipendente che usufruisce dei permessi per assistere un famigliare in situazione di disabilità grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 Km rispetto a quello della sua residenza, ha l’obbligo di attestare con titolo di viaggio o altra documentazione idonea il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito al proprio datore di lavoro (D.lgs. 119/2011).
I permessi per l’assistenza del disabile sono retribuiti dall’Inps, ma anticipati dal datore di lavoro, che provvede poi al recupero in sede di denuncia mensile e per ottenerli è necessario inviare un’apposita domanda all’Inps ed al datore di lavoro.
L’azienda non può rifiutare la concessione dei permessi, ma può richiederne la programmazione, se:
– il lavoratore può individuare in anticipo le giornate di assenza;
– non è pregiudicato il diritto dell’invalido all’effettiva assistenza;
– la programmazione è condivisa con lavoratori e rappresentanze sindacali.
Ad ogni modo, il lavoratore può sempre spostare unilateralmente i permessi, perché l’interesse di assistenza e tutela del disabile prevale sulle esigenze organizzative aziendali.
Il congedo straordinario retribuito di due anni.
Chi assiste un familiare convivente con handicap grave certificato ha diritto a un congedo straordinario retribuito, della durata massima di 2 anni nell’arco della vita lavorativa: è possibile assentarsi anche in maniera frazionata, ma la frazionabilità è soltanto giornaliera e non oraria.
Il beneficio spetta, nell’ordine: al coniuge che convive col lavoratore, ai genitori, ai figli conviventi, ai fratelli ed alle sorelle conviventi e, in mancanza, ad altri parenti o affini fino al terzo grado; è indispensabile la convivenza col soggetto disabile.
I due anni di congedo straordinario sono da intendersi come massimo utilizzabile, per ciascun dipendente, nell’intero arco della vita lavorativa. Pertanto, se vi sono più familiari per i quali si possa fruire del congedo, in ogni caso non è possibile superare i due anni totali, comprensivi di tutte le assenze inerenti ogni assistito.
Nel computo del limite dei 2 anni rientrano anche le giornate festive e non lavorative ricomprese tra le giornate di assenza.
La domanda per il congedo straordinario consiste in un’autocertificazione, accompagnata dal certificato di handicap grave.
Se si lavora in un Ente pubblico, deve essere presentata al proprio dirigente o alla propria amministrazione; se si è dipendenti privati, si deve inoltrare la domanda direttamente all’Inps: dopo che l’Istituto verifica la correttezza formale e accoglie l’istanza, e poi si deve effettuare la richiesta al proprio datore di lavoro.
L’indennità per il congedo straordinario corrisponde alle voci fisse e continuative dell’ultima retribuzione, sino ad un massimo di € 47.445,82 annuali (cifra rivalutata periodicamente ad aggiornata al 2017); si ha diritto, inoltre, alla contribuzione figurativa.
Il diritto alla scelta della sede.
Il dipendente portatore di handicap grave, beneficiario di Legge 104, o che assiste un parente in possesso del medesimo stato, ha il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, a meno che non sussistano ragioni contrarie motivate dall’azienda.
Più che di un diritto, in questi casi parliamo di interesse legittimo.
Il rifiuto al trasferimento.
Il portatore di handicap grave, o il lavoratore che assiste un familiare nella stessa condizione, non può essere trasferito in altra sede dall’azienda contro la sua volontà, a prescindere dall’esistenza di ragioni valide e motivate dall’azienda: in tale situazione, difatti, si configura un vero e proprio diritto soggettivo in capo al dipendente.
Il rifiuto a prestare il lavoro notturno.
Il lavoratore beneficiario di Legge 104, oppure che assiste o ha a proprio carico un soggetto portatore di handicap grave, non può essere adibito dall’azienda al lavoro notturno contro la sua volontà.
Il rifiuto di prestare lavoro domenicale o festivo.
La legge non prevede espressamente, per i portatori di handicap grave o per i familiari che li assistono, la possibilità di rifiutarsi di prestare lavoro festivo o domenicale. Prevedono questa possibilità, tuttavia, alcuni contratti collettivi (non tutti) come il CCNL Commercio e Terziario, nel quale è stabilito che i portatori di handicap grave beneficiari di Legge 104/1992, nonché i familiari conviventi che li assistono, possono legittimamente rifiutarsi di lavorare la domenica e nei festivi.
Umberto Pantanella