L’insulina in frigo può essere danneggiata dalla temperatura non ottimale
La conservazione dell’insulina nel frigorifero di casa può mettere a rischio la qualità del prodotto: è infatti spesso conservata ad una temperatura non ottimale e questo potrebbe avere un effetto sulla sua efficacia. Lo dimostra uno studio della Charitè Universitaetsmedizin di Berlino presentato al congresso dell’Associazione europea per lo studio del diabete (Easd). Nell’ambito dello studio, 388 pazienti con diabete in Usa ed Europa hanno posizionato dei sensori di temperatura accanto alle confezioni di insulina nei frigo o nelle borse utilizzate per trasportare l’insulina all’esterno. I dati di temperatura erano misurati automaticamente ogni 3 minuti prima di essere inviati ad una app e registrati su un database. La misurazione è proseguita per 49 giorni. Dall’analisi di 400 misurazioni è quindi emerso che in 315 casi (79%) erano presenti scostamenti dal range di temperatura raccomandato.
Complessivamente, è risultato che l’insulina conservata in frigo era fuori dal range di temperatura raccomandata per l’11% del tempo (pari a 2 ore e 34 minuti al giorno) mentre l’insulina trasportata dai pazienti era conservata ad errate temperature per circa 8 minuti al giorno. “Molte persone con diabete conservano involontariamente l’insulina in modo scorretto a causa delle fluttuazioni di temperatura nei frigoriferi di casa – afferma la coordinatrice dello studio Katarina Braune -. Quando si conserva l’insulina a casa nel frigo si dovrebbe dunque sempre apporre un termometro per controllare la temperatura, che dovrebbe essere tra 2 e 8 gradi centigradi. Le condizioni di conservazione dell’insulina a lungo termine hanno infatti un impatto sul suo effetto di abbassare il glucosio nel sangue”.
Per i pazienti, conclude l’esperta, “il dosaggio preciso di insulina è infatti essenziale per raggiungere i risultati terapeutici ma una graduale perdita di potenza dell’insulina, a causa della cattiva conservazione, ha come conseguenza una variabilità del dosaggio”.
da DottNet