Io stoppo anche il diabete!
La prima volta che Adam Morrison ha toccato la palla in una gara di college basket, nel 2003 sul prestigioso parquet del «Madison Square Garden», è andato in penetrazione fino al canestro avversario e ha segnato. Da allora, non ha più smesso di accumulare punti. Ora, alla sua stagione da «junior», ovvero la terza nel basket universitario, la guardia della piccola università di Gonzaga è il migliore marcatore dell’intera nazione, con 29 punti a partita, ed è considerato tra i migliori due-tre prospetti in assoluto dagli scout NBA. Fino a qualche anno fa il suo college, che ha iniziato la stagione con otto vittorie nelle prime dieci gare, era famoso soltanto per avere dato i natali cestistici a John Stockton: ma nelle ultime stagioni, pur provenendo da una conference di livello medio-basso, la «West Coast», Gonzaga è diventata protagonista fissa del torneo Ncaa, anche se non ha mai raggiunto le Final Four. Per fare l’ultimo passo e conquistare il «paradiso» del college basket, il coach Mark Few spera che l’arma in più sia proprio Morrison. IL NUOVO BIRD. Bianco, cecchino infallibile da tra punti, Morrison ha inevitabilmente attirato fin da subito l’etichetta di «nuovo Larry Bird». Ma rispetto a tanti altri giocatori per cui il paragone si è dimostrato esagerato, lui ha le carte in regola per seguire in pieno le orme del leggendario numero 33 dei Boston Celtics, che era anche il suo idolo da bambino. Morrison è un predestinato, che già ai tempi del liceo attirò le attenzioni di coach Few perché sui campetti di Spokane dominava le partitelle contro i giocatori che già facevano parte della squadra di Gonzaga. Nonostante i suoi 208 cm. di altezza, sa trattare la palla con perizia di un playmaker, ed è in grado di andare a segno sia con il tiro da fermo dalla lunga distanza che con l’arresto e tiro dalla media. E’ stato il primo giocatore della storia di Gonzaga a finire nel quintetto pre-stagionale «All-American», ovvero a essere inserito tra i cinque migliori giocatori della nazione. Pur essendo una guardia, quindi giochi lontano da canestro, la sua percentuale dal campo è uno stellare 53%; e quando in questo primo mese della stagione ha affrontato avversarie di qualità come Michigan State e Washington, ha tirato fuori il meglio di sé, realizzando in entrambi i casi 43 punti. LEADER. In più, quest’anno, con l’addio di tre «senior» rispetto alla squadra della scorsa stagione, Morrison si è anche visto catapultato nel ruolo di leader, imparando a gestire meglio i suoi possessi e a coinvolgere di più i compagni. «E’ maturato molto, ha capito in pieno che ci sono altre parti del gioco che sono importanti tanto quanto segnare», dice Few. Tutto ciò con un «ostacolo» in più rispetto a compagni e avversari. IL DIABETE. Morrison, infatti, soffre di diabete, e durante allenamenti e partite è costretto a monitorare costantemente la percentuale di zucchero nel sangue. Spesso, durante i time-out, abbandona per qualche secondo i compagni e utilizza un glucometro portatile per analizzare la sua glicemia; se la percentuale di zuccheri è troppo elevata, si fa iniettare immediatamente una dose di insulina nell’addome per prevenire problemi più gravi. «Non è troppo grave – spiega lui con tranquillità – dopo un po’ ci si abitua». Eppure, senza volerlo Morrison è diventato un esempio, un’ispirazione per le persone che soffrono della sua stessa malattia, e che giornalmente riempiono la sua casella e-mail per fargli complimenti e chiedergli consigli. «Devo stare attento a quello che mangio – afferma lui – devo fare una vita più disciplinata rispetto agli altri. E forse questo si riflette anche nel mio modo di calcare il parquet». Ma quando serve improvvisare, Adam non si tira indietro: come due domeniche fa, quando un suo tiro da tre allo scadere da posizione quasi impossibile, e con l’aiuto indispensabile del tabellone, ha permesso a Gonzaga di affondare Oklahoma State, 64-62. «Un tiro fortunato? Può essere – afferma Few – ma questo ragazzo tira meglio di chiunque altro in tutta America». E con lui la piccola Gonzaga stavolta può davvero sognare in grande.
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di MATTEO GANDINI
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