Lombardia. Diabete. In Regione si discute la terza parte della riforma sanitaria e la ricerca lancia la sfida dei “big data”
La maggior parte dei pazienti diabetici lombardi in terapia risulta consapevole, attiva e competente nella gestione della propria patologia per una misura percentuale superiore al resto d’Italia. E il dato positivo si mantiene tale anche per il gradimento nei confronti di medici e servizi. Infatti, se la soddisfazione dichiarata per la disponibilità e competenza dei medici curanti è sostanzialmente allineata al resto d’Italia (88%), la quota dei lombardi che si è detta “molto soddisfatta” è risultata pari al 44% contro il 32% del dato nazionale.
Il valore di gradimento per la qualità dei servizi sanitari in termini di accessibilità, tempi di attesa e servizi offerti è invece dell’80% contro il 75% del resto d’Italia, vale a dire uno tra i valori più alti registrati. Valori che posizionano quindi la Lombardia in una fascia alta rispetto all’Italia sia in termini di competenza del paziente sia rispetto al gradimento dei servizi.
Sono questi alcuni tra i dati più evidenti dell’indagine condotta su scala nazionale da Gfk Eurisko e che, estrapolati a livello regionale, inquadrano la Lombardia tra le regioni più avanzate nell’organizzazione, nei servizi sul territorio e, di conseguenza, nella capacità dei pazienti di saper e poter gestire efficacemente la propria malattia.
La declinazione regionale della ricerca Gfk Eurisko è stata presentata nei giorni scorsi a Milano nel corso di un incontro tra esperti organizzato da Sics, Società italiana di comunicazione scientifica e sanitaria, realizzato con il sostegno non condizionante di Sanofi e promosso da Quotidiano Sanità nell’ambito del più vasto programma del progetto DIRE (Diabete, Informazione, Responsabilità, Educazione) che sta toccando dieci regioni italiane. DIRE è un percorso di approfondimento sulle realtà regionali di governance del diabete di cui la Lombardia è stata la settima tappa.
All’incontro hanno partecipato Luigia Mottes, Presidente CLAD Lombardia in rappresentanza delle Associazioni dei pazienti, Fabio Rolfi, Presidente Commissione Sanità e Politiche Sociali della Regione Lombardia, Paola Macchi, membro della II Commissione Sanità e Politiche Sociali, Maurizio Bersani, Dirigente UO Struttura Piani e Progetti, Direzione Generale Sanità Regione Lombardia, Fiorenzo Corti, Segretario Regionale FIMMG, Lorenzo Piemonti, Membro del Consiglio Direttivo SID Lombardia e Direttore del Diabetes Research Institute del San Raffaele e Attilio Marcantonio, Vicepresidente di Federfarma Lombardia.
Il coinvolgimento attivo del paziente nella gestione della propria malattia ha effetti significativi sulla sua soddisfazione e sulla sua qualità di vita. Questo significa una migliore percezione del suo stato di salute, un migliore umore, migliori relazioni sociali e familiari e migliori risultati in termini di buon controllo glicemico, minori ipoglicemie gravi, più aderenza al trattamento e maggiore capacità di migliorare il proprio stile di vita.
I risultati dello studio condotto da GfK Eurisko su un campione nazionale di 500 pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con insulina confermano – anche a livello della Regione Lombardia – l’importanza di una buona relazione tra medico e paziente nel favorire il coinvolgimento attivo della persona con diabete e nel migliorare i risultati della cura. Paziente che, in Lombardia, si caratterizza per una condizione fisica lievemente peggiore rispetto al resto d’Italia, in termini di sovrappeso (il 52% in Lombardia contro il 46% nel resto d’Italia) ma di poco migliore per l’obesità (il 22% contro il 27%). Ottima la performance tra i lombardi che hanno sofferto di complicanze come nel caso di arteriopatie periferiche (26% in Lombardia contro il 39% del resto d’Italia), problemi cardiaci (4% contro 28%) e nefropatie (8% contro l’11%). Più alto invece il valore registrato per le retinopatie (40% in Lombardia contro il 20% della media nazionale).
“Il medico – ha dichiarato Isabella Cecchini, Direttrice del Dipartimento di Ricerche sulla Salute di GfK Eurisko – ha un ruolo fondamentale nell’educare il paziente e renderlo consapevole dell’importanza della cura e di un corretto stile di vita. Tale consapevolezza migliora la soddisfazione del paziente attraverso un migliore controllo della malattia”.
L’indagine ha confermato come anche in Lombardia il diabetologo sia il medico di riferimento per il paziente (lo è per l’82% degli intervistati) mentre il medico di medicina generale abbia un ruolo più collaterale ad eccezione di alcune zone dove, vuoi per la sperimentazione dei Creg vuoi per la già diffusa organizzazione sul territorio di studi medici associati, lo stretto rapporto di collaborazione tra Centri specialistici e medicina generale è più sviluppato. Nella maggior parte dei casi, il medico di famiglia ha un ruolo di trascrittore delle ricette dello specialista (lo dichiara il 70% dei pazienti intervistati) ma per ben il 40% di essi ha un forte ruolo di supporto e motivazione nella gestione della malattia. Doppia rispetto al dato nazionale è, inoltre, la percentuale di pazienti che si rivolgono direttamente al privato (16% contro l’8% della media nazionale).
Soddisfazione per i dati della ricerca sono stati espressi da Luigia Mottes, Presidente CLAD Lombardia, che in qualità di rappresentante dei pazienti altro non chiede alla Regione che una maggiore attenzione al coinvolgimento degli stessi, anche in termini formativi. Se da un lato “bisogna cercare di dare sempre maggiore autonomia ai pazienti, anche utilizzando le migliori innovazioni tecnologiche disponibili” ha sottolineato Mottes,
“Regione Lombardia deve ricominciare a lavorare sul campo, insieme ai cittadini-pazienti, coinvolgendoli nei tavoli istituzionali, per programmare e mantenere un’assistenza diabetologica avanzata”.
A giudizio di Fiorenzo Corti, Segretario Regionale Fimmg, “l’emergenza cronicità è un aspetto che ha comportato una serie di impegni molto importanti in questa regione. In modo particolare per quanto riguarda la gestione di pazienti con diabete, rischio cardiovascolare e bronchite cronica. Essi rappresentano una parte molto importante della nostra popolazione e già quattro anni fa abbiamo intrapreso una strada, quella della sperimentazione dei Creg (la realizzazione di percorsi assistenziali personalizzati per le patologie croniche) che sta dando buoni risultati. Abbiamo oggi 500 medici aderenti alla sperimentazione (su 6mila) e l’anno prossimo saranno mille con risultati ancor più visibili. Sotto il profilo gestionale i risultati sembrano darci ragione in quanto i pazienti che sono seguiti con questa metodica vanno meno al Pronto soccorso e subiscono meno ricoveri. Di contro”, ha sottolineato Corti facendo esplicito riferimento alla legge di riforma del Servizio sanitario regionale in discussione, “la normativa in itinere può contribuire a mettere a posto alcune cose importanti sia per quanto riguarda la rete informatica sia per la rete di collaborazione delle strutture erogatrici con gli studi dei medici di famiglia che, è bene ricordarlo, non hanno (come gli specialisti dei Centri di diabetologia) una struttura deputata ad accogliere il paziente, fare educazione sanitaria, migliorare il suo empowerment”. Tema importante per il quale, ha reso noto Corti, è stato attivato un tavolo di confronto in Regione sulla necessità di avere più personale.
Uno sguardo al futuro prossimo è giunto da Lorenzo Piemonti, Direttore del Diabetes Research Institute del San Raffaele e membro del direttivo di SID Lombardia. Un futuro che, come accennato, può definirsi prossimo solo in regioni come la Lombardia, dove il livello assistenziale e la visione tecnologica e infrastrutturale è già sostanzialmente avanzata, quando altrove avrebbe un mero sapore “futuristico”. “Il futuro del paziente diabetico è nel taschino della sua giacca e ha la forma di uno smartphone” ha esordito il ricercatore. “E non è una mera previsione ma una realtà. Nel futuro avremo a disposizione strumenti e informazioni che fino ad ora non potevamo avere. Avremo sicuramente tutto quello che attualmente viene definito nella categoria dei cosiddetti “indossabili”, sensori che registreranno tutta una serie di parametri dei pazienti: cosa mangiano, come si muovono, quanto dormono, come vivono la loro vita. Questo, nel complesso, costituirà circa il 70 per cento del totale dei dati disponibili che serviranno a uno scopo clinico per l’identificazione della personalità biologica ma anche sociale e ambientale del paziente. A questi si sommeranno un 20% di dati che saranno di origine strettamente clinica e un 10% di dati che presumibilmente arriveranno in termini quantitativi da quelle che noi chiamiamo “omiche” e che, come la genomica, afferiscono all’identità genetica di ciascuno”.
Questo è un po’ il futuro che ci attende tra 5/10 anni e se pensiamo alle ricadute nei pazienti con diabete, i primi effetti riguardano la prevenzione potendo in tal modo identificare la popolazione o le persone di una determinata popolazione che potranno potenzialmente sviluppare la patologia. Il che si traduce, come sottolineato da Piemonti, nella possibilità di “sviluppare delle politiche di prevenzione del diabete di tipo 2 più aggressive e incisive. La possibilità di avvalersi di fattori predittivi ci permetterà inoltre di avere atteggiamenti terapeutici ed assistenziali sempre più personalizzati a seconda delle singole soggettività nella risposta ai farmaci”. Una prospettiva che rimanda direttamente alla necessità di investire in sistemi in grado di elaborare efficacemente una tale mole e qualità di dati (i cosiddetti Big Data).
La “vision” di Regione Lombardia sulla governance di patologie croniche come il diabete è quindi giunta da Maurizio Bersani, Dirigente UO Struttura Piani e Progetti, Direzione Generale Sanità Regione Lombardia secondo cui “le istituzioni devono fondamentalmente creare la miglior situazione per favorire il dialogo tra tutti gli attori del sistema senza entrare nel merito degli aspetti più prettamente professionali”.
Quindi favorire dei percorsi, dare delle regole e, laddove ci si trovi in presenza di novità tecnologiche, “verificare che queste siano supportate da evidenze scientifiche e di efficacia”. La Regione dunque non aspira ad avere unicità di strumenti o presidi bensì alla sicurezza che quanto immesso nel mercato e pagato con risorse pubbliche, risponda a parametri di sicurezza ed efficacia inoppugnabili. Insomma, una vera e propria valutazione di Technology Assessment per confermare il fatto che un qualsiasi prodotto se da un lato deve rispondere alle esigenze dei pazienti e dei clinici, dall’altro deve essere caratterizzato da valori economici compatibili.