Il recente articolo del dr. Francesco Rubino sull’utilizzo di tecniche di chirurgia bariatrica per curare il diabete è ricco di spunti scientifici, ma distante dall’attuale pratica clinica.
Molte le richieste di delucidazioni da parte di pazienti ai propri diabetologi. Al fine di porre chiarezza, Diabete Italia segnala: – gli interventi chirurgici (bendaggio/ by-pass gastrico, diversione bilio-pancreatica) sono tanto efficaci quanto invasivi per ridurre le dimensioni dello stomaco o indurre malassorbimento in soggetti con grave obesità. Tali metodiche sono accompagnate da una serie di complicanze a breve termine (con una mortalità che varia dallo 0,1% al 1,5%) e a lungo termine (deficit vitaminici, anemia, malnutrizione proteica, disidratazione, osteoporosi), che richiedono una medicalizzazione e interventi dietetici mirati per tutta la vita. A fronte di tali “costi” i benefici in termini di calo ponderale sono indubbi, mentre quelli relativi a una riduzione della mortalità (infarto e cancro) divengono significativi soltanto a distanza di circa 10 anni. Questi dati emergono dai pochissimi studi controllati. Alcuni ricercatori ipotizzano che gli effetti positivi sul diabete dipendano dalle modificazioni anatomo-funzionali, (con miglioramenti della funzione delle cellule pancreatiche che producono insulina) indotte dall’intervento stesso e non dalla perdita di peso. Si tratta di ipotesi che devono essere ancora verificate; poi si stabiliranno eventuali vantaggi clinici. Modificazioni dello stile di vita e appropriato uso di farmaci rimangono i cardini della terapia nel diabete tipo 2.
Il diabete non può oggi essere considerato una malattia chirurgica e il ricorso a tecniche di chirurgia bariatrica in pazienti diabetici in sovrappeso o con rado iniziale di obesità non è indicato al di fuori di protocolli sperimentali.
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