Medici sempre più connessi, 93% usa web per lavoro
Scienza e tecnologia sempre più a braccetto: il 93% dei medici italiani usa ogni giorno il web per il lavoro, collegandosi in media 8 ore alla settimana.
La dotazione tecnologica dei camici bianchi è aumentata di oltre il 50% in 5 anni, secondo una ricerca Gfk, promossa da Univadis, portale di riferimento della divulgazione scientifica specialistica, che a Milano presenta la rinnovata piattaforma italiana nel corso del convegno ‘Il futuro dell’in-formazione medica’.
Gli accessi avvengono non più solo da pc, ma anche da altri dispositivi mobili: l’88% dei medici utilizza uno smartphone per lavoro (con un incremento del 51% rispetto al 2013) e il 61% un tablet (+55%). Il medico cerca soprattutto aggiornamenti professionali e informazioni: linee guida per diagnosi e trattamenti, informazioni e studi sui farmaci, approfondimenti sulle patologie. Univadis, servizio di Aptus Health, è una piattaforma rivolta a oltre 3 milioni di professionisti della salute in più di 90 paesi e in 17 lingue.
“Univadis rappresenta fin dalla sua origine un portale che racchiude in sé informazioni di alta qualità, non finalizzate a pubblicizzare farmaci, e sintesi di alto valore scientifico. Una bussola, un buono strumento per la pratica clinica per tutti i medici e anche per i medici di famiglia”, spiega Paolo Spriano, medico di medicina generale, vice presidente Snamid e medical writer Univadis. “Più del 30% degli aggiornamenti scientifici dei medici avviene attraverso la rete, soprattutto per il medico specialista.
Internet con i siti web, i portali dedicati, le banche dati, la letteratura, le riviste e gli articoli rappresenta uno dei primari canali di informazione”, osserva Paolo Bortolussi, product manager – brand and customer experience Gfk Italia. I portali di servizio dedicati, come Univadis, da più di 10 anni presente sul mercato italiano, rappresentano il terzo canale di informazione digitale più utilizzato dai medici. “C’è un vuoto da parte delle istituzioni pubbliche a fornire informazioni, vuoto che viene colmato da progetti come Univadis che ha la capacità di avvicina i medici alle informazioni di cui hanno bisogno”, sottolinea Eugenio Santoro, responsabile del Laboratorio di informatica medica dell’Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri.
I social ricoprono ormai un ruolo attivo anche nella formazione del medico: più della metà del campione, il 59% degli specialisti e il 54% dei medici di base, utilizza i canali social per la propria professione: network di colleghi, associazioni scientifiche, riviste scientifiche e siti di aziende farmaceutiche. Il 30% di tutti i medici utilizza Facebook, mentre LinkedIn viene consultato soprattutto dagli specialisti per il 28%, contro il 17% dei medici di base. Attiva, secondo i dati della ricerca, anche la comunicazione ‘peer to peer’ per un confronto con i colleghi: si creano gruppi WhatsApp (38% di specialisti e 32% di medici di base) o mailing list tra colleghi (29% tra gli specialisti e 23% tra i medici di base). Mentre lo specialista utilizza il confronto per analizzare casi clinici (80%), il medico di base, nell’82% dei casi, si scambia informazioni sugli aspetti normativi e burocratici della professione. L’uso di Youtube è sostanzialmente analogo: 46% per lo specialista contro 41% medico di base. Lo specialista usa il canale per seguire congressi, presentazioni di esperti o tutorial sull’uso di un device medico; mentre il medico di base per diagnostica, per immagini e tutorial sull’uso di un device medico.
Anche le App dedicate alla professione vengono utilizzate: l’85% dagli specialisti e il 73% dai medici di base, soprattutto per la posologia dei farmaci, per i calcoli di indici medici specifici e per le interazioni farmacologiche. Oggi, il 10% dei medici consiglia al paziente app specifiche che consentono di ricordare al paziente le visite di controllo, monitorare l’aderenza alla terapia, comunicare e condividere esami e referti con il medico. “Mi sembra incoraggiante questa apertura verso la tecnologia e le app, ma c’è anche molto da fare sulla formazione per muoversi in questa ‘giungla’.
La tecnologia è importante, ma deve esserci sempre spazio per il confronto specialistico umano”, sottolinea Guendalina Graffigna, coordinatrice del Centro di ricerca sull’engagement EngageMinds Hub.