Pazienti e farmaci, 10 errori da non fare
Se i medici qualche volta sbagliano, anche ai pazienti capita di incorrere in errore, soprattutto nell’assunzione delle terapie, mettendo a repentaglio la loro salute. E le insidie si moltiplicano quando i pazienti sono in poli-terapia. Gli esperti della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) lanciano l’allarme ‘bucce di banana nelle terapie’ e propongono consigli e istruzioni per l’uso per evitarle. “Molti pazienti – ricorda il professor Giorgio Sesti, presidente della SIMI – in particolare quelli affetti da più patologie croniche, si trovano ad assumere un alto numero di farmaci ogni giorno, magari a orari diversi. In Italia si stima che il 75% degli over 60 assuma 5 o più farmaci al giorno. A rischio ‘pasticci’ sono soprattutto gli anziani con iniziali problemi di memoria, non assistiti da un familiare o da un caregiver. Ma anche persone che assumono farmaci per fai-da-te o passa-parola”.
‘Doppioni e politerapie’. Il problema può sorgere quando il paziente si reca da diversi specialisti senza comunicare loro di essere già in terapia con alcuni farmaci, uscendo dalla visita con una lista di nuovi farmaci che potrebbero essere ‘doppioni’ di quelli che già assumono o essere in contrasto con questi (interazione farmacologica). Lo stesso a volte accade quando, un paziente dimesso dall’ospedale, assume i farmaci prescritti in lettera di dimissione, riprendendo però anche ad assumere anche quelli antecedenti al ricovero. “È importante – consiglia il professor Sesti – informare sempre il medico delle terapie in corso, portando con sé un elenco completo dei farmaci e della posologia assunta. È bene inoltre informare sempre il medico di famiglia delle terapie proposte dai diversi specialisti, per aggiornare la scheda farmacologica e verificare che non ci siano per problemi di ‘incompatibilità’ e interferenza farmacologica che possono verificarsi sia con alcuni farmaci (ad esempio antibiotici o contraccettivi orali), ma anche con farmaci da banco, integratori e fitoterapici. Un altro consiglio è di portare sempre nel portafoglio la lista dei farmaci assunti con orari e dosaggi, in caso di emergenza”.
Non dimenticare di comunicare al medico le allergie. “Bisogna sempre informare il medico di eventuali allergie (non solo farmacologiche) e soprattutto di reazioni allergiche insorte a seguito dell’assunzione di un farmaco in particolare- ricorda il professor Sesti -. Anche una terapia ‘sicura’ può avere effetti disastrosi su un paziente allergico ad un determinato principio farmacologico”.
Quando l’inganno è nel nome o nel colore del farmaco. Un errore abbastanza comune è quello di prendere un farmaco al posto di uno con un nome simile o con una formulazione simile (ad esempio compresse rosa, forma a losanga, ecc.). L’ideale sarebbe prendere sempre il farmaco dalla scatola sulla quale scrivere a cosa serve (ad esempio ‘per la pressione’, ‘per dormire’, ‘diuretico’, ‘per il diabete’, ecc.). Molti anziani in politerapia sono abituati a mettere i farmaci in un portapillole con scomparti divisi per giorno e orario della giornata (mattina, pomeriggio, sera); in questo caso bisogna fare attenzione che il contenitore non si rovesci, mischiando il contenuto di orari o giorni diversi”.
Il microbiota intestinale ‘partecipa’ alla terapia. Un recente studio pubblicato su ‘Nature’ ha individuato 70 possibili interazioni tra batteri intestinali e i farmaci; il problema è di così vasta portata da aver fatto coniare il termine ‘farmaco-microbiomica’. “Gli antibiotici o la terapia cronica con inibitori di pompa protonica (PPI, farmaci gastro-protettori, che spesso tra l’altro non è necessario assumere per lunghi periodi) ad esempio – spiega il professor Sesti – modificano il microbiota intestinale e questo può avere a sua volta un impatto sull’efficacia di alcuni farmaci come i contraccettivi orali (terapia estro-progestinica) o la terapia anticoagulante orale (warfarin). Le terapie che alterano il microbiota intestinale possono insomma interferire con l’attivazione di altri farmaci, riducendone o aumentandone la biodisponibilità. In caso di assunzione di antibiotici o di sospensione di terapie croniche (PPI, statine, ecc.) bisogna sempre verificare con il proprio medico se questo può avere ricadute su altre terapie in corso”.
Seguire sempre la prescrizione del medico/specialista e chiedere spiegazioni se poco chiara. A volte le prescrizioni sono scritte in modo poco chiaro e il paziente può non comprendere per quanto tempo dovrà effettuare una terapia o se deve assumerla prima o dopo i pasti. “La soluzione è quella di non aver paura di chiedere spiegazioni – afferma il professor Sesti – Non si dovrebbe mai uscire dallo studio del medico, senza avere le idee chiare rispetto alla prescrizione di una nuova terapia. Se il dubbio insorge una volta tornati a casa, è bene contattare il medico per email per avere chiarimenti”.
Rispettare gli orari di assunzione dei farmaci. “Molte terapie – ricorda il professor Sesti – vanno prese a digiuno (è il caso ad esempio degli ormoni tiroidei) o comunque lontano dai pasti (cioè due ore dopo o un’ora prima del pasto) come nel caso di alcuni antibiotici (es. macrolidi). Al contrario, i FANS (ibuprofene, naprossene, ketoprofene, ecc.) vanno assunti a stomaco pieno perché gastro-lesivi. Alcuni farmaci vengono prescritti due o tre volte al giorno perché la loro durata d’azione (‘emivita’) copre solo 8 o 12 ore e dunque, per non rimanere scoperti è bene rispettare l’orario di prescrizione. È necessario insomma rispettare sempre orari e dosaggi e se si salta una dose, mai prenderla doppia il giorno successivo nel tentativo di ‘recuperare’. Per aiutare la memoria, si può ricorrere alle sveglie sul telefonino”.
Non assumere mai i farmaci con latte, pompelmo o con bevande alcoliche. “I farmaci vanno assunti sempre con un abbondante bicchiere d’acqua. Mai con il latte o gli agrumi (o peggio con bevande alcoliche) – spiega il professor Sesti – perché questo può ridurne o aumentarne l’assorbimento”.
Non assumere mai un antibiotico senza prescrizione. Molti, alle prime linee di febbre, ricorrono al ‘fai-da-te’ attingendo a precedenti terapie antibiotiche avanzate e conservate nell’armadietto dei medicinali. “È un errore – sottolinea il professor Sesti – perché non tutti i mal di gola, sinusiti, bronchiti o cistiti necessitano di una terapia antibiotica e comunque l’antibiotico che troviamo in casa potrebbe non essere efficace su quel germe e semmai contribuire al fenomeno dell’antibiotico-resistenza”. La prescrizione dell’antibiotico insomma, di volta in volta, va lasciata al medico.
Non ridurre, né aumentare autonomamente la dose dei farmaci. “Nel primo caso il dosaggio del farmaco potrebbe non essere efficace – spiega il professor Sesti – nel secondo si rischia di incorrere nei suoi effetti indesiderati o in problemi di sovradosaggio. Il take home message anche in questo caso è di verificare sempre con il medico se è il caso di ‘ritoccare’ la posologia del farmaco (ad esempio se la pressione arteriosa aumenta con il freddo o scende durante l’estate), senza modificarlo autonomamente. Il corretto dosaggio di alcuni farmaci inoltre varia anche in base alla funzionalità dei reni, quindi soprattutto in presenza di insufficienza renale, è bene attenersi alle prescrizioni degli addetti ai lavori.
Non interrompere mai le terapie prescritte per una condizione cronica (diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, BPCO, ecc). Alcuni pazienti interrompono la cura quando finiscono le compresse contenute nella scatola, altri perché ritengono di star meglio (‘la pressione è tornata normale’). “Ma il diabete, come la pressione alta o l’ipercolesterolemia – spiega il professor Sesti – necessitano di un trattamento cronico, anche vita natural durante. Le patologie croniche non si comportano come una polmonite che guarisce dopo una settimana di terapia antibiotica e anche se la colesterolemia o la glicemia sono rientrati nella norma nelle analisi del sangue, non bisogna sospendere una statina o un farmaco anti-diabete perché si tornerà rapidamente al punto di partenza”.
da Pharmastar