Perche’ non mi arrendo
La ricerca sulle staminali embrionali continua a essere frenata. Ma la priorità dovrebbe essere per i malati. Lo dice Douglas Melton, uno dei maggiori ricercatori al mondo «La strada della ricerca sulle cellule staminali è irta di ostacoli e, come succede per qualsiasi innovazione scientifica che tenta di spostare in avanti le frontiere della conoscenza, suscita controversie che spesso poco hanno di scientifico. Non si tratta infatti di sfidare un nuovo principio di biologia, ma di perfezionare tecniche che potrebbero produrre una cura per molte malattie finora incurabili, dal Parkinson alla sclerosi multipla, al diabete. Il problema andrebbe affrontato, non ignorato o negato, e per il bene di tutti si dovrebbe giungere a un accordo equilibrato». A parlare così è Douglas Melton, che dirige l’Harvard Stem Cell Institute, laboratorio nato due anni fa all’interno del campus universitario di Cambridge, e dove, grazie al fatto che «non entra neanche un penny di denaro pubblico» la ricerca sulle staminali embrionali procede liberamente senza il cappio federale. Un cappio che il veto del presidente George W. Bush, contro la legge votata da Camera e Senato a favore di finanziamenti federali alla ricerca su nuove linee di cellule staminali embrionali, ha reso ancora più stretto. Almeno simbolicamente, visto che il veto non impedisce alla ricerca di continuare con fondi privati. All’insegna del compromesso sono anche le decisioni dei ministri dell’Ue per i finanziamenti comunitari alla ricerca sulle staminali 2007-2013 : i soldi europei sono preclusi se portano alla distruzione degli embrioni e vanno invece a quei progetti di ricerca su linee di cellule staminali embrionali già esistenti (le si può importare da paesi dove non esistono divieti espliciti a produrne). Resta da chiarire un punto essenziale, aperto dall’Italia: definire un termine oltre il quale gli embrioni chiusi nei congelatori, e non più impiantabili, possano essere usati per ottenere staminali. Già prima dell’agosto 2001, quando Bush stabilì che la ricerca con fondi federali sarebbe andata solo per le linee di staminali embrionali preesistenti («Una sessantina, dissero. In realtà quelle davvero usabili erano una decina, forse meno, e con molti problemi, come cromosomi anomali» precisa Melton), il ricercatore americano suscitò grandi polemiche perché iniziò a produrre le «sue» linee di staminali embrionali. Cellule di alta qualità, non compromesse in partenza, ottenute da ovociti fertilizzati e non più impiantabili. Da allora, le ha offerte gratuitamente ad altri ricercatori , anche quelli finanziati da fondi federali, «in ossequio alla lunga tradizione scientifica di condividere i frutti della propria ricerca». Cosa la spinse a mettersi contro tutti? La notizia ora è che il suo istituto ha ottenuto il via libera per procedere alla clonazione, o meglio al cosiddetto trasferimento nucleare somatico, per ottenere linee staminali embrionali. Ci sono voluti due anni per ottenere il via. Nel vaglio delle questioni etiche, legali, logistiche e finanziarie sono stati coinvolti varie istituzioni e comitati di revisori. Quale lo scoglio maggiore? La tecnica di trasferimento nucleare usata per creare linee cellulari staminali embrionali su misura è analoga a quella che diceva di aver utilizzato Woo Suk Hwang, il ricercatore coreano che ha falsato i dati pubblicati su «Science»? A quando i primi risultati? Lo scandalo di Hwang ha influito negativamente sulla ricerca?Sino a che punto ha offerto il fianco ai detrattori? Per via del veto a creare nuove linee di staminali embrionali? Circa le remore etiche sollevate dal fronte religioso cattolico qual è la sua risposta? Non sono solo i limiti imposti da Bush a frenare la ricerca sulle staminali embrionali, anche i larghi brevetti. A denunciarlo è un recente articolo sul «Wall Street Journal». Quali le implicazioni? I brevetti (tre quelli attribuiti a James Thomson, il ricercatore dell’Università del Wisconsin, che per primo isolò le staminali da embrioni umani nel 1998) non hanno mai aiutato la ricerca. Per accelerare le scoperte, l’informazione dovrebbe raggiungere il maggior numero di persone nel mondo scientifico, e i brevetti impediscono il flusso delle idee. Non che io sia contrario al processo di commercializzazione, anche se la parola mi suona stonata in un contesto medico. Se in futuro si riusciranno a trasformare queste cellule in terapie commerciali, sarebbe importante renderle accessibili alla maggior parte dei malati. Le staminali adulte, che non implicano la distruzione degli embrioni, possono essere una valida alternativa?
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Gianna Milano , da Panorama.it del 27 luglio 2006 |