Prediabete, un intervento precoce e aggressivo può ridurre il rischio di malattie micro e macrovascolari
Una forte evidenza di un aumento del rischio di malattie cardiovascolari nei pazienti con prediabete e il fatto che nella maggior parte dei casi questi pazienti evolvono verso il diabete conclamato supporta un intervento precoce e aggressivo, secondo quanto emerso in una relazione al congresso dell’American Association of Nurse Practitioners (AANP) 2022.
Si stima che 84 milioni di adulti statunitensi abbiano il prediabete, definito come un livello di glucosio a digiuno di 100-124 mg/dl, emoglobina glicata (HbA1c) del 5,7-6,4% o un test di tolleranza al glucosio orale di 2 ore di 140-199 mg/dl. Ogni anno nel 5-10% dei pazienti il prediabete evolve in diabete vero e proprio e fino al 70% dei prediabetici alla fine svilupperà il diabete, ha dichiarato il relatore Lori O’Toole, della LCO Nursing Consultants. Uno studio sulla prevenzione del diabete in Cina ha rilevato che oltre il 90% delle persone con prediabete ha sviluppato la malattia in un periodo di 20 anni.
«La prevalenza del prediabete è in aumento in tutto il mondo e si prevede che entro il 2030 interesserà 470 milioni di persone. Questo è uno tsunami imminente e sarà molto gravoso per il sistema sanitario» ha aggiunto. «La buona notizia è che un intervento precoce può ridurre l’incidenza delle complicanze associate al prediabete, riducendo così gli oneri della cura dei pazienti e migliorando la loro qualità di vita a lungo termine. I medici di base, che già forniscono il 90% delle cure per prediabete e diabete, svolgeranno un ruolo fondamentale per arginare il problema.
Intervenire precocemente sui fattori di rischio modificabili
I fattori di rischio per il prediabete sono simili a quelli per il diabete di tipo 2, ovvero sovrappeso, cattive abitudini alimentari, stile di vita sedentario, età avanzata, storia familiare di diabete di tipo 2, razza (neri, ispanici, nativi americani e asiatici sono più a rischio), diabete gestazionale, sindrome dell’ovaio policistico, apnea notturna, abitudine al fumo e basso peso alla nascita. E come il diabete di tipo 2 anche il prediabete ha una forte associazione con ipertensione, bassi livelli di colesterolo HDL, trigliceridi elevati e sindrome metabolica.
I pazienti con prediabete sono insulino-resistenti e nella maggior parte dei casi hanno perso l’80% della funzione delle cellule beta. La resistenza all’insulina e lo sviluppo del diabete vero e proprio sono preceduti da un lungo periodo di intolleranza al glucosio e i test di screening possono identificare i pazienti ad alto rischio di sviluppare la malattia. In questo intervallo di tempo c’è modo di intervenire su diversi fattori di rischio modificabili, come obesità, distribuzione del grasso corporeo, inattività fisica e glicemia alta.
Numerosi studi condotti dalla metà degli anni ’80 mostrano che dieta, esercizio fisico, altre modifiche dello stile di vita e farmaci possono ridurre il rischio di progressione dal prediabete al diabete del 25-72% nel corso di periodi di follow-up di durata da 2 a 6 anni.
Sfortunatamente, molti medici sembrano non prendere sul serio il prediabete. Una revisione su oltre 1 milione di visite ambulatoriali con familiari e medici di medicina interna ha mostrato che un terzo dei pazienti aveva il prediabete, ma meno di un quarto ha ricevuto un trattamento, che consisteva principalmente in consigli sulla modifica dello stile di vita. Gli autori hanno ipotizzato che i medici ritenessero la situazione dei loro pazienti non sufficientemente grave da aver bisogno di farmaci e hanno concluso che gli stessi pazienti non prestano un’attenzione adeguata ai consigli sulla modifica dello stile di vita.
La mancata prevenzione comporta conseguenze cliniche
Le opportunità perse per prevenire il diabete possono tradursi in conseguenze cliniche per i pazienti con prediabete, ha sottolineato O’Toole. Il Diabetes Prevention Program Study ha mostrato che il 7,9% degli individui con prediabete presentava retinopatia diabetica alla fine del terzo anno, che aumentava al 12,6% in quanti sono passati al diabete. Tra i soggetti prediabetici con retinopatia, la patologia oculare si è verificata con un intervallo di HbA1c del 5,9-6,1%.
Altri studi hanno dimostrato che il 5-10% dei pazienti con prediabete ha una neuropatia periferica. I dati della National Health and Nutrition Examination Survey hanno evidenziato una prevalenza del 17% della malattia renale cronica nei soggetti prediabetici rispetto al 10,6% nella resto della popolazione.
Le malattie cardiovascolari rappresentano circa l’80% di tutti i decessi tra i pazienti diabetici, in particolare la malattia coronarica. Malattie cardiovascolari e infarto del miocardio possono verificarsi in pazienti con valori di HbA1c nel range del prediabete. Un’analisi ha identificato un cutoff del 5,5% per la HbA1c e l’aumento del rischio di progressione al diabete, sviluppo di malattie cardiovascolari, ictus e morte per qualsiasi causa.
«Una volta che i pazienti diventano prediabetici, l’aumento del rischio è una curva molto alta che sale molto rapidamente» ha affermato O’Toole.
L’American Association of Clinical Endocrinologists e l’American College of Endocrinology (AACE/ACE) hanno pubblicato raccomandazioni per la gestione del diabete di tipo 2, incluso un algoritmo per i pazienti con prediabete che copre gli interventi di perdita di peso, il trattamento dei fattori di rischio cardiovascolare come dislipidemia e ipertensione, e le strategie per ridurre l’iperglicemia.
Gli obiettivi per la modifica dei lipidi variano in base al rischio cardiovascolare del singolo paziente (alto, molto alto ed estremo), con intervalli da <100 a <55 mg/dl per le LDL, da <130 a <80 per il colesterolo non-HDL e <150 per i trigliceridi. L’obiettivo standard della pressione arteriosa è <130/80 mmHg.
Per quanto riguarda l’eccesso glicemico, le linee guida AACE/ACE raccomandano terapie dimagranti intensificate, inclusi farmaci e chirurgia bariatrica. L’attività fisica dovrebbe avere un obiettivo da 30 a 60 minuti, 5 giorni alla settimana. Le diete Mediterranea e DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) sono supportate da evidenze per migliorare l’iperglicemia e ridurre il rischio cardiovascolare.
Possibili trattamenti farmacologici
Riguardo alla terapia farmacologica, la metformina è sicura, poco costosa e neutrale rispetto al peso, ha detto O’Toole. Nei diabetici il suo uso è associato a un minor numero di complicanze microvascolari. Inoltre ha dimostrato di essere efficace per ritardare la progressione del diabete, migliorare il diabete gestazionale e ridurre l’iperglicemia associata alla sindrome dell’ovaio policistico.
L’inibitore dell’alfa-glucosidasi acarbosio ritarda la digestione e l’assorbimento dei carboidrati per ridurre i livelli di glucosio nel sangue dopo un carico di carboidrati, oltre a poter ridurre il rischio cardiovascolare. Qualora sia indicata una terapia antiglicemica più intensiva, pioglitazone e GLP-1 agonisti si sono dimostrati efficaci nel prediabete, incluso il rischio cardiovascolare.
«Il prediabete comporta una disregolazione di caratteristiche fisiologiche, metaboliche e biochimiche significative che aumentano il rischio di malattie cardiovascolari» ha concluso. «Ampi studi randomizzati e controllati hanno dimostrato che la modifica dello stile di vita può ridurre il tasso di progressione dal prediabete al diabete nel breve termine. La diagnosi precoce e l’intervento sono di vitale importanza per prevenire l’evoluzione della malattia e per aiutare a ridurre le complicanze micro e macrovascolari».
Bibliografia
O’Toole L. Prediabetes: Big problem or no big deal? American Association of Nurse Practitioners (AANP) 2022; Session 22.3.118.
da PHARMASTAR