“Spostati, che mi blocchi la digestione!”
E’ di pochi giorni fa’ l’ultimo episodio, di una lunga serie, di assoluta mancanza di sensibilita’, di becera incivilta’, di vergognosa discriminazione, ancora piu’ grave, in quanto perpretato nei confronti di un bambino.
L. Z. e’ un bel bambino biondo di 10 anni, cui la maestra, all’ora di pranzo, a scuola, ha detto: “Potresti andare da un’altra parte a farti l’insulina, che mi si blocca la digestione?”
La frase, particolarmente infelice perche’ rivolta ad un bambino, perche’ pronunciata da una persona dalla quale ti aspetti di poter imparare qualcosa, non e’ purtroppo una rarita’.
Spesso, specialmente negli anni passati, prima dell’avvento delle “penne”, quando venivano utilizzate le siringhe, non era infrequente che i diabetici venissero “scambiati” per tossicodipendenti.
Ammettiamolo: l’errore era possibile.
Ecco allora “giustificata” la riservatezza di molti che preferivano appartarsi per iniettarsi insulina, per non incorrere in spiacevoli malintesi.
Anche ora, qualcuno preferisce compiere questo atto di vita quotidiana, non “platealmente”, non davanti a tutti, ma al riparo da occhi curiosi, indiscreti, inquisitori: credo sia una scelta personale, insindacabile.
Penso pero’ sia inaccettabile, intollerabile che qualcuno possa “pretendere” che un bambino, una persona debba nascondersi perche’ la cosa “lo disturba”.
Nella vita ci capitano spesso situazioni “imbarazzanti”: pensiamo alla persona amputata, a quella su una sedia a rotelle, ai cosiddetti “diversamente abili”. Senza false ipocrisie, spesso assistiamo a scene penose che turbano il cuore (piu’ che gli occhi).
Nessuno pero’ si sognerebbe mai di dire ad una madre “per favore, sposta tuo figlio che mi si blocca la digestione”.
Tornando al diabete mi viene da pensare che visto che le siringhe non ci sono piu’, visto che i microinfusori, i glucometri, i pungidito sono microscopici e molto discreti, non sia (solo) un problema di “stomaco debole”, ma un problema socio-culturale.
Ci sono scuole in cui i bambini, i ragazzi non possono neanche provarsi la glicemia in classe, con la giustificazione (?) che “gli altri possono impressionarsi”!
Non possono farsi l’insulina, e addirittura non possono schiacciare il tastino del micro in classe!
E devono andare, a volte, nel locale delle scope delle bidelle, perche’ non c’e’ l’infermeria….
Come e’ possibile tollerare? Ma soprattutto, come mai succede questo?
Indubbiamente, a livello legislativo, dipende dal fatto che nessuno (o quasi) se ne sia curato: mi risulta che in Emilia Romagna e in Toscana tutti i bambini, tutti gli studenti, a prescindere dalla malattia, possano, abbiano il diritto di assumere le proprie medicine, senza “nascondersi”, senza elemosinare il “permesso”.
Perche’ altrove no? Qualcuno ha mancato.
Bisogna assolutamente far si’ che in tutta Italia i bambini, gli studenti diabetici possano gestire la propria patologia in sicurezza e serenita’.
Credo sia compito delle Associazioni stimolare un intervento normativo: non e’ piu’ sufficiente, non e’ piu’ tollerabile affidarsi alla buona volonta’ delle istituzioni scolastiche.
di Daniela D’Onofrio