Sembra un paradosso, ma è più facile educare un giovane all’autogestione del proprio diabete che un paziente avanti negli anni. Quanto alla cultura della prevenzione primaria, nemmeno a parlarne.
“Un guaio”, dichiara Raffaele Scalpone, primario diabetologo all’Ini e presidente di Aid, la più vecchia Associazione italiana di diabetici, “perché l’incremento del diabete specie di tipo 2 è in ascesa, è diabetico il 4,5% della popolazione generale rispetto al 3,7% di cinque-sei anni fa. Nel 2025 la quota di diabetici di tipo 2 raddoppierà in Occidente e crescerà del 100% in Cina, India, Emirati arabi. Nel 2050 sarà possibile curare solo 3 diabetici su 5″. Lo stile di vita (alimentazione, peso corporeo, alcool) e il movimento possono prevenire nel 50% dei casi l’insorgenza del diabete non insulino-dipendente. Una corretta gestione invece previene le complicanze diabetiche che riducono in dieci, quindici anni la qualità e l’aspettativa di vita.
“Purtroppo nel paese sussistono lacune, malgrado il nostro modello assistenziale sia uno dei più evoluti d’Europa”, commenta Scalpone. I dati finali della Campagna BCD, “Buon Compenso del Diabete”, promossa dall’International Diabetes Federation, e sostenuta da Sanofi-Aventis, progetto che ha coinvolto in 12 mesi 330 medici di medicina generale, 18 capoluoghi, oltre 15 mila cittadini, più di 4 mila check up gratuiti e mille test di emoglobina glicata, sono preoccupanti: un diabetico su due non ha la patologia sotto controllo. “Anche se rispetto ad alcuni anni fa c’è stato un netto miglioramento, il problema di fondo resta, il 40-50% dei pazienti diabetici non è controllato in maniera ottimale”, spiega Gerardo Medea, responsabile nazionale Area metabolica Simg. Carente il follow up, i diabetici non sono seguiti nel tempo, infatti il 30-35% sfugge ai controlli e un 5-10% non li esegue per niente. Meno di un paziente su due ha un valore di emoglobina glicata a norma, cioè inferiore a 7, e il 50% dei diabetici la controlla una volta l’anno. La diagnosi avviene per caso: un esame del sangue, un ricovero. Durante la Campagna BCD è stato diagnosticato un nuovo caso di diabete ogni 30 persone. I farmaci da soli non bastano. Occorre un’assistenza integrata e la partecipazione attiva della famiglia. “Un diabetico per evitare complicanze va controllato (peso, pressione arteriosa, glicemia, emoglobina glicata, esame urine, fondo dell’occhio, Ecg ed ecografia cardiaca) e valutato ogni 3-4 mesi”, sottolinea Medea, “ovviamente il paziente deve accettare questa situazione di continuo controllo, per farlo è indispensabile che diventi il principale attore della sua malattia, quello che noi medici chiamiamo il “decisore competente”. Ogni diabetico ha il suo livello di accettazione e di coinvolgimento, e questo gli salva la vita”.
|