Rischio di diabete, gli aggiornamenti salienti dal congresso europeo #EASD2021
Fra i molti risultati delle ricerche dedicate al diabete e presentate al congresso European Association for the Study of Diabetes (EASD) 2021, alcuni riguardavano i fattori o farmaci che possono influire sul rischio di sviluppare la malattia. Di seguito vi presentiamo una sintesi dei più importanti.
Il consumo di latte nell’infanzia influisce sul rischio di diabete di tipo 1
Secondo una revisione sistematica e una meta-analisi di 96 studi condotta in Svezia, il consumo di determinati tipi di latte ha modificato il rischio nei bambini di sviluppare il diabete di tipo 1. «I fattori dietetici nell’infanzia e nella fanciullezza possono essere coinvolti nell’eziologia del diabete di tipo 1» ha affermato Anna-Maria Lampousi del Karolinska Institutet di Stoccolma durante la presentazione dei risultati.
In particolare, i bambini che hanno bevuto molto latte vaccino durante la crescita, almeno 2 porzioni al giorno, avevano un rischio più elevato di sviluppare il diabete di tipo 1 (RR 1,78, certezza moderata). Inoltre il consumo di 2-3 porzioni di latte al giorno era legato a un rischio maggiore del 25% di autoimmunità delle isole pancreatiche (RR 1,25, certezza moderata).
Anche i bambini che avevano un maggiore apporto di proteine, carne rossa, nitrati, zucchero e bevande zuccherate presentavano rischi più elevati di sviluppare il diabete di tipo 1.
I bambini allattati al seno per almeno 6-12 mesi avevano un rischio inferiore del 61% per il diabete di tipo 1 rispetto a quelli allattati al seno per un tempo inferiore (RR 0,39, certezza elevata). Anche i bambini allattati esclusivamente al seno per almeno 2 o 3 mesi godevano di questo beneficio protettivo contro il diabete di tipo 1 (≥2-3 vs <2-3 mesi: RR 0,69, certezza moderata).
I bambini che hanno avuto un’introduzione successiva al glutine e alla frutta durante l’infanzia avevano un rischio inferiore di diabete di tipo 1. Anche la supplementazione di vitamina D, così come un maggiore apporto di vitamina A e C, risultavano in qualche modo protettivi contro il diabete di tipo 1.
Nessuno dei fattori di rischio misurati in utero, come l’assunzione materna di glutine, ferro ed esposizione alla vitamina D, era invece correlato al rischio di diabete di tipo 1 infantile.
Rischio di diabete di tipo 2 con gli antidepressivi?
A quasi il 30% degli adulti scozzesi con diagnosi di diabete di tipo 2 è stato prescritto un antidepressivo nei 4 anni precedenti la diagnosi. In una coorte di oltre 250mila adulti con diabete di tipo 2, al 22,5% è stato prescritto un antidepressivo prima della diagnosi di diabete, mentre al 5,3% un antipsicotico. A un altro 6,6% sono stati prescritti entrambi i farmaci.
A circa un terzo di questi adulti trattati con un antidepressivo è stato prescritto un inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina (SSRI), a un altro terzo è stato prescritto un antidepressivo triciclico e al 27% invece un antidepressivo di sottotipo diverso. Riguardo ai soggetti con prescrizione di un antipsicotico, nella stragrande maggioranza si trattava di un agente di prima generazione (80%), mentre solo circa nel 14% dei casi uno di seconda generazione.
Analizzando meglio questi adulti a cui erano stati prescritti uno o più farmaci psichiatrici prima della diagnosi di diabete, tendevano ad avere un background socioeconomico di basso livello, a essere donne, a essere fumatori abituali e ad avere obesità, ipertensione e alti livelli di colesterolo totale.
L’autrice principale dello studio Charlotte Greene, dottoranda presso l’Università di Edimburgo, ha sottolineato durante una presentazione dei risultati che questi risultati includevano solo la prescrizione comunitaria e non quella ospedaliera, quindi era probabile che le percentuali fossero sottostimante. Ha anche fatto notare la mancanza di dati sul dosaggio o sulla durata dell’uso degli antidepressivi, con conseguenti limitazioni di alcuni dei risultati.
Una grande perdita di peso può invertire il rischio cardiovascolare
Un’elevata perdita di peso sembra invertire completamente il rischio cardiovascolare negli adulti americani, secondo uno studio basato sui dati della National Health and Nutrition Examination Survey dal 1999 al 2013.
Gli adulti obesi che hanno subito una forte perdita di peso sono stati in grado di attenuare completamente il rischio di ipertensione e dislipidemia fino a un livello paragonabile agli adulti da sempre normopeso (OR rispettivamente 1,08 e 1,13). Al contrario gli adulti che sono rimasti obesi avevano probabilità più di tre volte superiori di sviluppare ipertensione e dislipidemia (OR 3,14 e 3,11).
Nonostante questa buona notizia sull’inversione del rischio cardiovascolare, il rischio di diabete sembrava invece essere meno influenzato anche dopo una massiccia perdita di peso. Tra gli adulti in precedenza obesi il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 era comunque superiore a quelli che avevano da sempre un peso sano (OR 2,93), anche se inferiore ai soggetti rimasti obesi (OR 7,53).
«Il punto chiave di questo studio è che perdere peso è difficile, ma molto importante per la salute cardiovascolare» ha affermato l’autore principale Maia Smith della St. George’s University di Grenada. «Non è una novità che perdere peso e riuscire a mantenerlo non è affatto semplice, ma non bisogna arrendersi. Se si riesce a perdere peso, non solo si può prevenire ma addirittura invertire problemi di salute significativi. Il momento migliore per essere in salute era 20 anni fa, il secondo momento migliore è adesso».
Bibliografia
Lampousi A-M, et al. Dietary factors and risk of islet autoimmunity and type 1 diabetes: A systematic review and meta-analysis. EASD 2021; Abstract 73.
Greene CRL et al. Prevalence and characteristics associated with antidepressant and antipsychotic prescribing prior to diagnosis of type 2 diabetes in Scotland. EASD 2021; Abstract 146.
Smith MP et al. Cardiovascular risk of former obesity in healthy-weight Americans. EASD 2021; Abstract 84.
da PHARMASTAR