Rivoluzione terapeutica per contrastare l’epidemia

Tante le novità nel campo dei trattamenti. Ma la prevenzione resta la priorità assoluta

Sei italiani su cento hanno il diabete, ma solo metà di loro ne sono consapevoli e ancora meno sono quelli che riescono a tenere la malattia adeguatamente sotto controllo. Un dato allarmante. E negli Stati Uniti le cose vanno ancora peggio, con quasi sette americani su cento ufficialmente diabetici, e chissà quanti altri ignari di esserlo. Ma per capire perché gli Usa siano una delle nazioni più «dolci» del mondo, prima di sentire gli esperti con le loro sofisticate analisi, basta fare una passeggiata nella celebre Fifth Avenue, sfilata permanente del grasso ambulante e delle calorie a basso costo.

«Il pericolo diabete – sostiene il professor Paolo Cavallo Perin (nella foto), presidente designato di Diabete Italia – è stato sottostimato per anni, ecco perché ci si aspetta che il numero totale di malati sia destinato ad aumentare ancora: tra meno di vent’anni i diabetici nel mondo saranno 380 milioni e lo sarà anche un italiano su dieci oltre i cinquant’anni».

Obesità e diabete dunque sono la minaccia più seria che l’umanità si sia mai trovata a fronteggiare, una sorta di flagello che si abbatterà su di noi e sui conti pubblici da qui ai prossimi vent’anni, e che ci prepariamo ad affrontare purtroppo ad armi spuntate. Se nel caso del diabete, infatti, gli ultimi due anni sono stati contrassegnati da una sorta di «rinascimento terapeutico», con l’arrivo di farmaci eccezionali e la promessa di molti altri dai meccanismi realmente innovativi e intelligenti, sul fronte dell’obesità l’armadietto dei medicinali langue e non resta che affidarsi alla vecchia, ma sempre valida ricetta, a base di dieta e attività fisica. Ma forse, anche in questo campo le cose potrebbero cambiare presto.

I nuovi farmaci per il trattamento del diabete non hanno conseguenze sull’ago della bilancia, nel senso che sono quanto meno neutri sul peso, come nel caso dei cosiddetti inibitori del DDP-IV, al contrario di molti altri comunemente usati nella cura di questa condizione, quali ad esempio le vecchie insuline che, oltre a controllare la glicemia, possono «regalare» anche qualche chilo indesiderato. Ma le new entry prossime venture nella terapia del diabete promettono grandi cose, anche a questo riguardo.

Il liraglutide, per esempio, in commercio a fine 2009, arriva annunciato da studi (alcuni dei quali presentati proprio al congresso dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete – la EASD, con 17 mila iscritti da tutto il mondo) dai risultati eccezionali, sia sul fronte del controllo della glicemia sia della riduzione del peso. Ma per curarlo al meglio, i farmaci, per quanto efficaci, non bastano. È necessario creare una solida alleanza tra medici e pazienti che porti a una consapevole responsabilizzazione di questi ultimi, rendendoli veramente in grado di prendere in mano la malattia e di autogestirla nel quotidiano, anche se con la supervisione di un esperto. Per questo è così importante creare consapevolezza intorno a questa patologia.

Quindi, iniziative come una corsa di beneficenza o un bus itinerante che distribuisce materiale informativo sul diabete e permette di sottoporsi alla misurazione della glicemia rivestono un’importanza strategica nella lotta a questa pandemia e aiutano ad affrontarla adeguatamente.

Per non parlare dell’orgoglio che si prova a tagliare il traguardo dei 5 chilometri del percorso della corsa, con addosso una maglietta che grida al mondo I run to change diabetes, corro per cambiare il diabete.

 

 

di MARIA RITA MONTEBELLI

da SPECIALE DIABETE di La Stampa.it

29 settembre 2008