Scambiamoci gli organi
Le donazioni incrociate, fra coppie che non si conoscono, sono un nuovo modo per superare il problema delle liste d’attesa. In Usa ne sono state fatte 230. In Italia stanno per iniziare. Sul principale quotidiano della città americana di Pittsburgh, il Post Pittsburgh Gazette, si legge di una certa Lora Wilson, donatrice vivente di rene. Lora è ritratta in una foto accanto al marito Robb, di fronte alla chiesa della contea di Churchill in Pennsylvania dove la coppia vive felicemente da oltre 10 anni. Il titolo del quotidiano dice: «Le donazioni tra coppie assicurano ai trapianti un futuro migliore». Fin qui, direte voi, niente di strano. Questo tipo di trapianto, di rene da donatore vivente, si esegue con successo anche in Europa; e in Italia (all’avanguardia in questo campo) si fanno trapianti di rene da donatori viventi da ormai 40 anni. Nel 2006, nel nostro Paese si sono eseguiti 1.667 trapianti di rene da cadavere e 97 da un donatore vivente con un ricevente a lui legato geneticamente (genitore, figlio, fratello, sorella) o affettivamente (marito-moglie). Dov’è la notizia? La particolarità del trapianto, che ha meritato l’onore delle cronache locali, consiste nella relazione tra donatore e ricevente. Lora Wilson infatti non conosceva il beneficiario del suo atto generoso. La ricevente, Dolores Iannacone, in dialisi tre volte la settimana, ignorava l’esistenza della signora Wilson fino al giorno del suo trapianto. Forse erano parenti alla lontana e la ricevente non lo sapeva? O forse gemelle separate alla nascita? Niente di tutto ciò. Lora e Dolores avevano in comune solo il fatto di vivere nella stessa contea e qualche proteina sulla superficie delle proprie cellule con la stessa sequenza di aminoacidi (ossia erano compatibili geneticamente). In realtà, a leggere bene la notizia, qualcosa in comune Lora e Dolores l’avevano: Lora conosceva bene le sofferenze e le conseguenze causate dalla dialisi. Suo marito Robb, infatti, aveva conosciuto l’insufficienza renale a causa di una malattia, il diabete di tipo I, e Lora aveva sofferto con lui le conseguenze della dialisi. Ma siccome due persone si amano indipendentemente dagli aminoacidi che hanno in comune, Lora e Robb erano incompatibili geneticamente. E Robb non poteva ricevere il rene che la moglie Lora voleva donargli. Non restava che aspettare un rene da un donatore cadavere compatibile. Empatia è la parola giusta in questo caso. La capacità di soffrire insieme, in altre parole, comprendere appieno le sofferenze del paziente, fino quasi a patire con lui. La storia di Robb Wilson non è quindi a lieto fine? Ma certo: un giorno un donatore cadavere, compatibile geneticamente, si è reso disponibile e lui ha ricevuto un doppio trapianto di rene e pancreas curando così sia il diabete che l’insufficienza renale. E cosa c’entra Lora? È presto detto. La storia clinica del marito deve averla profondamente trasformata, deve averle creato un’irresistibile necessità di fare del bene. Convinta a ricambiare il dono che la società aveva fatto a suo marito (gli organi di un donatore deceduto sono, di fatto, un bene prezioso della società che viene utilizzato per i più bisognosi), ha deciso lo stesso di donare il suo rene a un qualsiasi paziente con lei compatibile in lista d’attesa nella sua contea. Questo tipo di donazione si chiama altruistica, «altruistic donation» o «good samarithan donation», come biblicamente gli americani, poco affini alle parole di origine latina, l’hanno adapprima chiamata. E proprio di buon samaritano si può parlare, visto che il donatore non conosce il ricevente e non trae beneficio economico dal suo gesto. Verrebbe da chiedersi perché allora un gesto così nobile non abbia meritato l’onore delle cronache mondiali. Perché negli Usa, dove i trapianti di rene da donatore vivente sono il 40 per cento dei 17 mila eseguiti ogni anno, quelli da donatore altruistico sono una realtà da tempo. Ne sono stati fatti sinora circa 230, come ricorda un articolo sul Wall Street Journal. E in Italia? Secondo dati elaborati dal Centro nazionale trapianti presso il ministero della Salute, quelli da donatore vivente sono da 100 a 120 l’anno, ma per aprire la strada anche ai trapianti altruistici si è costituita di recente una speciale commissione che ha messo a punto un protocollo per garantire principi etici e legali, oltre che le procedure tecniche. Per i donatori «crociati», come pure li chiamano, verrà creato un database di donatori e riceventi. Ciò consentirà di aumentare il numero dei trapianti da vivente di un 20 per cento l’anno, come nei Paesi Bassi, dove se ne sono eseguiti di più in Europa. Tempo fa ero oltreoceano per il mio lavoro di chirurgo e ho perso nalmente seguito un’infermiera che aveva deciso di dare il rene a un amico del figlio, cui né genitori né parenti potevano donarlo. La vita sociale del giovane, costretto alla dialisi e in attesa di un donatore cadavere, era gravemente compromessa, per non parlare delle pesanti conseguenze che ciò aveva sul suo stato di salute. Altro caso di donazione altruistica, dove tra donatore e ricevente non vi era alcuna relazione genetica o affettiva (che andasse al di là di amicizia o conoscenza). Anche qui il fattore principale è stata l’empatia. L’infermiera che ha offerto il rene lavorava (e lavora tuttora) proprio nel reparto trapianti dove è stato eseguito l’intervento, e si intuisce come potesse conoscere le sofferenze dei pazienti in attesa di un organo. Negli Usa si prevede un aumento delle donazioni altruistiche e in generale di quelle di rene da vivente. Ciò, in parte e soprattutto, grazie al miglioramento delle tecniche chirurgiche di prelievo. L’intervento della donazione di rene (nefrectomia) è eseguito oggi per via laparoscopica. In tal modo si evita al donatore (che non è un paziente, ma un individuo sano) un grosso e debilitante taglio sul fianco. Si opera con una telecamera e strumenti inseriti nell’addome grazie a fori di 1 centimetro. Per estrarre l’organo basta una piccola incisione nella parte bassa dell’addome. Spesso, però, alcune coppie di donatore-ricevente (come Lora e Robb) non sono compatibili, per la frustrazione di chi vorrebbe vedere il proprio caro liberato dalla malattia. Per risolvere il problema si è pensato di valutare la compatibilità donatore-ricevente tra più coppie di incompatibili, ed eseguire i trapianti per «donazioni appaiate». Così, per esempio, se tra due coppie A e B esiste una compatibilità crociata, il donatore della coppia A dona al ricevente della coppia B; e il donatore della coppia B dona al ricevente della coppia A. La possibilità che tra coppie diverse di donatori incompatibili esista una compatibilità crociata sale con l’aumentare del numero di coppie inserite in un database, fino a rendere virtualmente possibili tutte le combinazioni. Ma c’è di più. Lora Wilson rappresenta una di quelle persone che potranno in qualche modo rivoluzionare il mondo dei trapianti di rene da vivente. Quando, infatti, un altruista è inserito nel database delle donazioni appaiate, si innesca una reazione a catena che fa salire il numero dei trapianti effettuabili in modo quasi esponenziale. Una simulazione al computer mostra come aggiungendo al database delle coppie solo pochi donatori altruistici si possono realizzare fino a 21 trapianti di rene. L’inserimento di un altruista genera un effetto domino all’interno delle coppie appaiate per la donazione. In che modo? Il donatore altruistico dà il rene alla coppia A, il donatore della coppia A offre il suo al ricevente della coppia B, il donatore della coppia B fa la stessa cosa con il ricevente della coppia C e così via. Quando la catena delle donazioni crociate si interrompe, l’ultimo rene del donatore di una coppia va a un ricevente in lista d’attesa che non ha un donatore vivente, vero beneficiario quindi della donazione altruistica. Esperti prevedono che nel futuro i trapianti di rene tra coppie appaiate arriveranno a circa 2 mila per anno. Questa è l’America che piace a tutti, dove le innovazioni tecniche e scientifiche sono accolte prontamente e si associano a cambiamenti culturali, a rivoluzioni del costume con una velocità non riscontrabile in altri paesi, specie europei. Solo negli Usa si assiste a una tale facilità di dialogo tra la scienza e la gente, a una capacità dei pazienti di recepire subito ciò che esce dai laboratori o viene proposto nella pratica clinica. In questo senso agli Usa va riconosciuto un ruolo di leader non solo nella tecnologia. Per la cronaca, Lora e Dolores, contravvenendo alle regole, si sono poi conosciute a trapianto avvenuto. Adesso, pare, non smettono più di vedersi o sentirsi per telefono.
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di Roberto Verzaro da Panorama.it 3 novembre 2007
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