Sitagliptin: efficace nel ridurre la glicemia e sicuro per il cuore
In occasione della 75° edizione del congresso dell’American Diabetes Association sono stati presentati i risultati dello studio TECOS (Trial Evaluating Cardiovascular Outcomes with Sitagliptin), pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine. TECOS è una ricerca accademica indipendente condotta dalla Diabete Trial Unit (DTU) dell’Università di Oxford e dal Clinical Research Institute della Duke University e supportata da MSD.
Lo studio è stato condotto su 14.671 pazienti randomizzati a placebo o a sitagliptin, il first in class dei DPP-4 inibitori, in aggiunta alla terapia anti-iperglicemica già seguita dai pazienti. Grande attenzione è stata messa nel raggiungere in tutti i pazienti un adeguato target glicemico, per eliminare qualunque differenza di risultato che potesse essere imputabile ad un diverso livello di compenso glicemico (‘glycemic equipoise’).
“Il razionale dello studio ricorda il professor Giuseppe Ambrosio, ordinario di Cardiologia presso l’Università di Perugia e coordinatore per l’Italia dello studio TECOS – era di verificare, in condizioni di pratica clinica usual care, se il trattamento con sitagliptin potesse influenzare gli eventi cardiovascolari, in una popolazione ad elevato rischio. Il motivo è da ricercarsi nella necessità, da parte degli organi regolatori, di escludere un potenziale effetto negativo, stante il riportato rischio con altre classi di farmaci ipoglicemizzanti. Lo studio è stato disegnato come di ‘non-inferiorità’, intendendosi con questo che il trial viene considerato positivo (cioè favorevole) se il gruppo sitagliptin non mostra un aumentato rischio significativo di sviluppare eventi cardiovascolari, rispetto al placebo. I risultati del TECOS dimostranoin maniera inequivocabile che il trattamento con sitagliptin non presenta alcun incremento di rischio cardiovascolare. Non solo, considerati i pazienti arruolati nello studio, l’uso di sitagliptin ha ridotto del 30% circa sia il ricorso ad altre terapie per la riduzione della glicemia, che il trattamento insulinico”.
I soggetti arruolati nel TECOS, tutti ultra-50 enni, per poter essere arruolati, dovevano essere affetti da patologie cardiovascolari (storia di coronaropatia, ictus o arteriopatia obliterante degli arti inferiori), avere un’emoglobina glicata compresa tra 6,5 e 8% all’ingresso nello studio ed essere in trattamento con uno o due agenti anti-iperglicemici (metformina, pioglitazone o sulfanilurea) o insulina (con o senza metformina), ma non con altre terapie basate sulle incretine (altri DDP-4 inibitori o analoghi del GLP-1).
L’endpoint composito primario comprendeva mortalità cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale, ricovero per angina instabile.
Il follow up medio dello studio è stato di circa 3 anni; in questo periodo, l’endpoint primario si è verificato in 830 pazienti del gruppo sitagliptin (11,4%) e in 851 pazienti del gruppo di controllo (11,6%). Sitagliptin è risultato cioè non inferiore al placebo relativamente all’endpointcomposito primario (HR 0,98), in altre parole del tutto sicuro per cuore e vasi.
Un’analisi a parte ha riguardato il rischio di ricovero per scompenso cardiaco. Risultati questi attesi con grande interesse, visto l’eccesso di rischio rilevato per il saxagliptin, un altro DDP-4 inibitore, nel suo studio disafety cardiovascolare, il SAVOR-TIMI 53 pubblicato lo scorso anno. Nel SAVOR, nel gruppo trattato con saxagliptin era stato rilevato infatti un eccesso del 27% di ricoveri per scompenso cardiaco, rispetto al placebo. Un risultato che ad oggi non ha ancor trovato una spiegazione ma che ha attirato di recente l’attenzione delle agenzie regolatorie.
Nel caso di sitagliptin invece non è stato rilevato alcun segnale di allarme in questa direzione; i tassi di ricovero per scompenso cardiaco sono risultati assolutamente sovrapponibili a quelli del gruppo di controllo (HR 1,00).
“C’era grande attesa su questi risultati – spiega il professor Stefano Del Prato, Ordinario di endocrinologia presso l’Università di Pisa e past president della Società Italiana di Diabetologia – soprattutto rispetto al punto dello scompenso cardiaco. Si aspettava cioè di vedere se il modesto ma significativo aumento per ospedalizzazione riscontrato nello studio SAVOR fosse confermato. Anche da questo punto di vista lo studio Tecos è stato totalmente rassicurante perché non si è riscontrato aumento di ospedalizzazioni. Si apre adesso una nuova fase, quella di capire l’origine di queste differenze, importante per noi per avere una comprensione completa dei farmaci che usiamo.”
Sitagliptin dunque è un farmaco sicuro per l’apparato cardiovascolare. Ma nel TECOS (uno studio comunque progettato per la non inferiorità e non per valutare la superiorità del farmaco attivo rispetto al placebo sull’endpoint cardiovascolare) non è emerso un vantaggio sulla riduzione di eventi cardiovascolari con sitagliptin.
“Probabilmente – afferma il professor Del Prato – per vedere un beneficio di questo tipo sarebbe necessario prevedere l’inclusione di tipologie di pazienti diverse da quelle sinora incluse in questi studi. Infatti, siccome il dato sensibile è l’evento cardiovascolare, negli studi di sicurezza sono e saranno coinvolti soggetti con rischio molto elevato, che comunque rendono più difficile programmare una valutazione su eventuali effetti protettivi. Al contrario, per questo fine – prosegue Del Prato – soggetti in una fase più precoce della malattia dovrebbero essere presi in considerazione. Questo permetterebbe anche di valutare l’impatto delle nuove terapie sulle complicanze microvascolari (retinopatia, neuropatia e nefropatia), che ancora rappresentano un motivo di perdita di salute e di qualità di vita di tante persone con diabete”.
Altre analisi all’interno del TECOS hanno riguardato il rischio di pancreatite acuta e di tumore del pancreas; anche in questo caso non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra il gruppo in trattamento con sitagliptin e il placebo.
L’aggiunta di sitagliptin alla terapia già in atto in una popolazione di soggetti diabetici ad elevato rischio cardiovascolare, quale era quella di TECOS, non comporta dunque un aumento del rischio di eventi cardiovascolari maggiori, né di ricovero per scompenso cardiaco, né di altri eventi indesiderati. Il farmaco oltre ad essere efficace e ad avere un eccellente profilo di tollerabilità, ha ricevuto con il TECOS anche il bollino blu della sicurezza cardiovascolare. “Il fatto che in una popolazione ad elevato rischio, come quella selezionata per lo studio non si sia registrato alcun incremento di rischio – afferma ilProfessor Agostino Consoli, Ordinario di Endocrinologia Università di Chieti- ci permette di usare con assoluta tranquillità sitagliptin anche nelle condizioni iniziali della malattia nei casi in cui è indicato, quando è fondamentale trattare il paziente a untarget ambizioso, ma in piena sicurezza, con un favorevole profilo di sicurezza, per prevenire il danno vascolare.”
“Sitagliptin – conclude Rury Holman, direttore della Diabetes Trial Unit dell’Università di Oxford e professore di diabetologia presso la stessa università (nella foto) – può dunque essere usato con sicurezza per migliorare il compenso glicemico nei pazienti con diabete di tipo 2, ad elevato rischio cardiovascolare, senza il pericolo di andare ad aumentare questo rischio.”
di Maria Rita Montebelli