Stato dell’arte del trapianto di isole pancreatiche
Il trapianto di isole rappresenta un’attraente opzione terapeutica per un selezionato numero di pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1. Il trapianto, che consiste nella infusione di isole nella vena porta tramite puntura transepatica percutanea in anestesia locale, è una procedura semplice, ripetibile, gravata da poche complicanze. Con gli ultimi protocolli di immunosoppressione si è in grado oggi di ottenere la insulino-indipendenza nella maggior parte dei pazienti con un miglioramento complessivo della omeostasi glucidica che persiste anche quando il trapianto comincia a perdere parte della sua funzione. I più importanti problemi ancora da risolvere sono la limitata durata nel tempo e la necessità della terapia immunosoppressiva con tutti i rischi che essa comporta. Gli studi in corso sono finalizzati a prolungare la funzione del trapianto nel tempo e ad ottenere la tolleranza immunologica che permetta di sospendere la terapia immunosoppressiva. Parole chiave Trapianto di isole, immunosoppressione, diabete mellito di tipo 1, complicanze diabetiche. Il trattamento del diabete mellito di tipo 1 basato su iniezioni ripetute quotidiane di insulina è molto impegnativo e spesso non ben accettato dai pazienti. Inoltre in alcuni casi è inefficace per un adeguato controllo dei valori glicemici così che nel tempo si presentano alcune complicanze micro-macro angiopatiche, spesso gravemente invalidanti. La possibilità pertanto di ripristinare la fisiologica secrezione insulinica nei riceventi rappresenta il traguardo ultimo della terapia del diabete di tipo 1. Tra le strategie proposte per il raggiungimento di questo ambizioso obiettivo il trapianto di isole si presenta come un’attraente opportunità per la sua semplicità e per la possibilità di ripeterlo nello stesso ricevente. Il trapianto di isole consiste in una infusione di isole pancreatiche nel letto portale, in anestesia locale, per via transepatica percutanea e rappresenta l’ultima fase di una procedura che ha inizio con l’isolamento e la purificazione delle isole pancreatiche dalla componente esocrina e termina con la loro caratterizzazione in vitro (1) . Il trapianto viene eseguito solo se il tessuto isolato risponde ai requisiti di sterilità, di vitalità e purezza. Il numero di isole riconosciuto sufficiente per il ripristino della normoglicemia nel paziente è nel range di 6000-10000 isole per kg di peso corporeo del ricevente, numero che talvolta viene raggiunto con isole provenienti da due pancreas diversi. I primi trapianti di isole sono stati eseguiti in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1 già in terapia con immunosoppressori per un precedente trapianto d’organo. Questi sono stati a lungo caratterizzati da una bassa percentuale di successo, espresso sia in termini di insulino-indipendenza, sia in termini di ripristino di secrezione di C-peptide. I risultati clinici sono progressivamente migliorati soprattutto dopo la introduzione di un nuovo schema di immunosoppressione che evita l’uso di steroidi e ciclosporina (due farmaci ritenuti diabetogeni) e che si basa sull’associazione di tacrolimus e sirolimus a basse dosi, insieme con un iniziale trattamento di due mesi con anticorpi anti-recettore dell’interleuchina 2 (2) . La prognosi del trapianto di isole è oggi drasticamente migliorata, con percentuali di successo, ovvero di pazienti trapiantati che raggiungono la insulino-indipendenza, prossime al 90% (3) . Gli effetti del trapianto di isole vanno al di là della semplice insulino-indipendenza. Anche in caso di funzione parziale del trapianto i pazienti riferiscono un netto miglioramento della loro qualità di vita e del compenso glicometabolico (riduzione della emoglobina glicata, della insulino-resistenza e della produzione epatica di glucosio), del loro metabolismo proteico e un rallentamento della progressione delle complicanze diabetiche (4) . I successi ottenuti con questi farmaci sono stati tali da rendere possibile l’allargamento della indicazione al trapianto anche a quei pazienti diabetici, non in terapia immunosoppressiva per un precedente trapianto di organo, ma con un diabete mellito di tipo 1 instabile, cioè con un’accentuata instabilità metabolica, con frequenti episodi di ipoglicemia alternata a chetoacidosi, oppure con complicanze diabetiche rapidamente progressive nonostante un controllo metabolico al meglio delle terapie convenzionali. I problemi ancora aperti nel trapianto di isole sono quelli relativi alla durata della funzione delle isole trapiantate (anche se la ripetizione del trapianto in caso di esaurimento della prima infusione potrebbe prolungare il periodo di insulino-indipendenza dei riceventi) e relativi agli effetti a lungo termine della terapia immunosoppressiva. Alcuni dati presenti in letteratura indicano un aumento del rischio di neoplasia nei pazienti sottoposti a terapia immunosoppressiva per un trapianto d’organo. Con gli attuali schemi terapeutici usati nel trapianto di isole questa possibilità sembra essere remota, perché il sirolimus, utilizzato oggi come immunosoppressore, sembra addirittura avere un’attività antiproliferativa. Tuttavia, solo un prolungato follow-up dei riceventi potrà dissipare i dubbi su un eventuale effetto neoplastico di questi nuovi schemi terapeutici. Altri frequenti effetti secondari all’uso dei nuovi farmaci immunosoppressori sono un peggioramento della funzionalità renale in pazienti con iniziale nefropatia diabetica, alterazioni transitorie della crasi ematica, dislipidemia, ulcere mucose (5) . Ad oggi la durata del trapianto è limitata. Il periodo di insulino-indipendenza dura in media 15 mesi a cui segue una fase di funzione parziale nei pazienti che mantengono una riduzione del loro fabbisogno insulinico rispetto ai valori pre-trapianto, con concentrazioni sieriche di c-peptide > 0,5 ng/ml, con un compenso glicemico globale stabile e ben controllato (5) . Tra le ipotesi che spiegano la progressiva diminuzione della funzione del trapianto si ricorda l’esaurimento funzionale delle isole conseguente a fenomeni di glucotossicità, il rigetto cronico, la riaccensione dell’autoimmunità, la tossicità farmacologica degli immunosoppressori sulle beta-cellule, il mancato rimodellamento delle beta-cellule che non vengono sostituite una volta andate in corso a fenomeni di necrosi o di apoptosi. Le prospettive di sviluppo del trapianto di isole promettono grandi cambiamenti nei prossimi anni. Un primo settore di studio è rappresentato dalla identificazione di nuove strategie farmacologiche per migliorare l’attecchimento delle isole e ridurre quindi il numero di isole necessarie ad ottenere l’insulino-indipendenza. Tra i farmaci proposti, i più promettenti sono quelli con proprietà anti-infiammatorie e quelli che inibiscono la cascata coagulativa, fenomeni responsabili di una drastica riduzione della vitalità della massa beta-cellulare trapiantata (6) . Sono poi stati proposti protocolli di trattamento per ridurre la tossicità dei farmaci immunosoppressori gravati da minori effetti collaterali e con altre per le quali è prevista la sospensione dopo un certo periodo di trattamento al fine di verificare l’avvenuta tolleranza verso il tessuto allo genico (7) . Infine una menzione particolare spetta alla possibilità di integrare il programma di trapianto di isole con quello della terapia con cellule staminali. Il pancreas endocrino sembra essere soggetto all’interno del corpo umano ad una sorta di rimodellamento continuo in risposta alle diverse esigenze metaboliche dell’individuo: in presenza di un aumento del fabbisogno metabolico (obesità, gravidanza) si ha un incremento dei fenomeno di neogenesi di beta-cellule e invece in caso di digiuno prolungato e dimagrimento si ha riduzione della massa beta-cellulare tramite l’innesco di fenomeni apoptotici. La possibilità di conoscere e quindi di controllare i processi che portano alla neogenesi delle beta-cellule dovrebbe permettere di ottenere in laboratorio una massa beta-cellulare sufficiente a trapiantare molti pazienti o addirittura a prolungare la funzione del trapianto nel tempo. È stato infatti dimostrato che la contaminazione dei preparato di isole umane con cellule duttali (ritenuti da alcuni i precursori delle beta cellule) sia correlata con la funzione a lungo termine delle isole stesse una volte trapiantate (8) . L’elevato numero di lavori usciti nel campo della neo-genesi beta cellulare, utilizzando tra l’altro approcci e modelli di studio differenti, rafforzano in qualche modo la validità dell’idea di base e fanno sperare in una rapida evoluzione di questi studi verso l’applicazione in campo clinico. In conclusione i risultati clinici ottenuti permettono di considerare oggi il trapianto di isole come una reale opzione terapeutica in un sottogruppo selezionato di pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1.
Bibiliografia 1. Ricordi C, Lacy PE, Finke EH, Olack BJ, Scharp DW. Automated method for isolation of human pancreatic islets. Diabetes 1988; 37: 413-20. 2. Shapiro AMJ, Lakey JRT, Ryan EA, et al. Islet transplantation in seven patients with type 1 diabetes mellitus using a glucorticoid-free immunosuppressive regimen. N Engl J Med 2000; 343: 230-8. 3. Ricordi C, Inverardi L, Kenyon NS, Goss J, Bertuzzi F, Alejandro R. Requirements for success in clinical islet transplantation. Transplantation 2005; 79: 1298-300. 4. Luzi L, Perseghin G, Brendel MD, et al. Metabolic effects of restoring partial beta-cell function after islet allotransplantation in type 1 diabetic patients. 5. Ryan EA, Paty BW, Senior PA, et al. 6. Moberg L, Olsson A, Berne C, et al. Nicotinamide inhibits tissue factor expression in isolated human pancreatic islets: implications for clinical islet transplantation. Transplantation 2003; 76: 1285. 7. Ricordi C, Strom TB. Clinical islet transplantation: advances and immunological challenges. Nat Rev Immunol 2004; 4: 259. 8. Street CN, Lakey JR, Shapiro AM, et al. Islet graft assessment in the Edmonton Protocol: implications for predicting long-term clinical outcome. Diabetes 2004; 53: 3107-14.
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di Federico Bertuzzi 1 e Camillo Ricordi 2
Copyright Trapianti 2006; X: 71-74 4 luglio 2006
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