Studio DAWN
Parte anche in Italia lo studio DAWN per fotografare i desideri, le speranze e le necessità dei diabetici.
Quasi un paziente diabetico su due vive male la propria condizione e ha un rapporto non sempre ottimale con il medico curante e con le strutture sanitarie con le quali si relaziona.
Entrambi, poi, medici e pazienti, sono concordi nel ritenere fondamentale il miglioramento dell’informazione e del dialogo.
Sono questi i principali risultati illustrati oggi a Firenze alla presentazione di DAWN Italia, sezione nazionale dell’organizzazione internazionale sostenuta da Novo Nordisk che si propone di studiare come migliorare le condizioni di vita dei diabetici, in occasione del congresso “Therapeutic Patient Education 2006”, organizzato sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’IDF (International Diabetes Federation), dell’EASD (Società Europea Diabetologia) e di Diabete Italia.
È un rapporto spesso conflittuale, quello tra paziente diabetico e la sua malattia.
“Secondo lo studio AWARE, condotto in Italia nel corso del 2003, e presentato ufficialmente al Parlamento nell’ambito del Rapporto Sociale sul Diabete dall’AMD – Associazione Medici Diabetologi – ricorda Marco Comaschi, past president della stessa Società scientifica, attualmente Direttore Sanitario della ASL 3 di Genova e coordinatore di DAWN Italia – per il 48,4% dei medici curanti italiani, infatti, la prima grande difficoltà che un diabetico si trova ad affrontare è spesso già il solo prendere atto della malattia, riconoscendo quella ‘rivoluzione’ silenziosa che travolge l’organizzazione della vita di tutti i giorni, in famiglia come nel lavoro e nelle relazioni sociali”.
“Sempre secondo AWARE – prosegue Comaschi – superato il primo scoglio, spesso si apre poi la strada alle naturali paure e preoccupazioni per il proprio stato di salute presente e futuro.
Per il 52,9% dei diabetici italiani, così, il timore più grande è quello di una progressiva perdita della vista, a differenza di quanto sostengono i medici, che pongono l’accento su altre conseguenze della malattia, come le complicanze cardiovascolari e su alcuni aspetti comportamentali, come la difficoltà a aderire alle cure prescritte”.
Gli eventi cardiovascolari, come infarto o ictus, d’altronde, sono da due a quattro volte più frequenti nelle persone con diabete.
Di più: il 20% dei diabetici, dopo i 50 anni, presenta una complicanza cardiovascolare, dato che sale al 40% dopo i 70 anni.
Ancora, quattro pazienti su dieci giudicano eccessive le richieste di monitoraggio continuo che vengono dai medici, ai quali, di contro, non resta che evidenziare come solamente un controllo preciso dei principali parametri della malattia diabetica consenta di evitare le complicanze ad essa legate.
Il progetto AWARE ha però finora rappresentato il primo, pionieristico passo in direzione di una reale comprensione e di un approfondimento della dimensione psicosociale dei pazienti diabetici in Italia.
Un paese che comunque non sembra distinguersi dal contesto internazionale nel quale è inserito, come dimostrano i risultati fin qui ottenuti all’estero dal similare, ma ben più ambizioso studio DAWN (Diabetes Attitudes, Wishes & Needs), sorta di “viaggio attraverso desideri, le speranze e le necessità della persona affetta da diabete mellito”, promosso dall’omonima organizzazione.
Lo studio DAWN fino ad oggi ha permesso di sondare in profondità, in ben 13 paesi (Australia, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, India, Inghilterra, Norvegia, Olanda, Polonia, Scandinavia, Spagna e Stati Uniti) il pianeta diabete, dal duplice punto di vista del paziente e del medico, per evidenziare in particolare l’impatto della malattia sulla vita di tutti i giorni e il rapporto dei pazienti con le strutture sanitarie, sia pubbliche, sia private.
I risultati di DAWN – che ha coinvolto 5.426 adulti diabetici (50% con diabete tipo 1, quello giovanile che presuppone il ricorso all’insulina; 50% con tipo 2, quello una volta definito senile e curabile con farmaci assunti per bocca), 2.194 medici di medicina generale, 556 specialisti e 1.122 infermieri – hanno evidenziato in particolare come quasi la metà dei pazienti diabetici (il 42%), nonostante le numerose ed efficaci terapie oggi a disposizione, non riesca ad avere un positivo rapporto con la propria malattia, a scapito della qualità della vita e, spesso, anche dello stesso stato di salute già compromesso.
Nei paesi presi in esame si presenta la reale necessità di migliorare la comunicazione tra pazienti e medici curanti (nonostante il 94% dei diabetici intervistati se ne ritenga comunque soddisfatto), così come è da incentivare l’interazione tra medici di medicina generale e specialisti sui singoli casi (il 77% degli stessi dottori intervistati sostiene questa posizione).
Il rapporto medico¬paziente non ottimale spesso ha conseguenze sulla volontà e la dedizione alle cure dei pazienti. Quasi la metà dei soggetti diabetici intervistati nel mondo, infatti, si dimostra poco virtuosa nel seguire le raccomandazioni del proprio medico, se non reticente nell’affrontare un efficace percorso terapeutico, spesso per colpa di dubbi o paure che vengono dalla scarsa conoscenza delle cure a disposizione e dei benefici da esse derivanti.
L’importanza dei risultati fin qui ottenuti da DAWN a livello internazionale, hanno spinto perché lo studio venisse esteso anche al nostro paese, tanto da portare al lancio proprio oggi a Firenze, del progetto DAWN Italia.
Muovendosi all’interno della formula collaudata negli altri paesi, lo studio DAWN italiano coinvolgerà 500 adulti diabetici (ripartiti tra tipo 1 e 2), 150 medici specialisti e 100 infermieri delle città campione di Milano, Venezia, Roma e Napoli, oltre a rappresentanti delle direzioni sanitarie di almeno dieci regioni italiane e familiari dei diabetici, figure fondamentali nella vita e nel percorso di cura dei pazienti.
L’idea di fondo dell’indagine è di fotografare la “filiera” italiana del diabete in tutte le sue principali articolazioni, in modo da ricostruire un’immagine il più possibile integrata dell’attuale trattamento del diabete e del suo impatto sociale.