Tanti casi di diabete sviluppati dopo il Covid
Il diabete come patologia che in qualche modo ha accentuato gli effetti del virus e il diabetico come soggetto più a rischio di contrarre forme gravi dell’infezione. Ma in quest’anno tanti studi si sono concentrati sul numero crescente di pazienti che hanno sviluppato il diabete durante l’infezione da coronavirus o subito dopo essere guariti. Nei mesi scorsi varie teorie sono state avanzate per spiegare le relazioni tra SARS-CoV2 e l’incremento dei casi di diabete. Tra le ipotesi, un’eccessiva risposta anticorpale al virus, che potrebbe causare un danno pancreatico, oppure un’infiammazione sistemica che rende i tessuti meno rispondenti all’insulina.
Ha affrontato nel suo studio questo legame, cercando di darne una spiegazione, il professor Francesco Dotta, direttore del Dipartimento di Scienze Mediche Chirurgiche e Neuroscienze dell’Università di Siena e della Unità di Diabetologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese, intervenuto nel corso del congresso annuale dell’Associazione Europea per lo studio del diabete. E sui suoi importanti contributi sull’argomento è stato intervistato nei giorni scorsi dal ’Guardian’ e ripreso da media internazionali di oltre 40 Paesi.
Le ricerche condotte dal suo gruppo di studio, in collaborazione con le università di Leuven, Pisa e Brussels, hanno dimostrato che il virus SARS-CoV-2 è in grado di infettare le cellule beta pancreatiche che producono l’insulina, modificandone così la funzione, legandosi alla proteina ACE2 situata sulla superficie delle cellule che, interagendo con molecola Spike del SARS-COV2, ne permette l’ingresso nella cellula bersaglio. Ecco perché anche persone, in precedenza sane, possono sviluppare il diabete dopo essere entrate in contatto con il virus.
Numerosi report dimostrano un’ampia diffusione della proteina ACE2 in vari tessuti. Il professor Dotta e il suo gruppo di ricerca hanno studiato il modello di espressione di ACE2 sul tessuto pancreatico di donatori non diabetici, allo scopo di comprendere le connessioni molecolari tra virus e diabete. In particolare, i ricercatori dell’Università di Siena hanno analizzato i campioni pancreatici nel contesto del consorzio INNODIA, un ampio progetto di ricerca sul diabete (finanziato da Unione europea, JDRF e Helmsely Foundation nell’ambito dell’iniziativa europea Innovative Medicines Initiative, IMI2).
“Nel tessuto pancreatico – spiega il professor Dotta – la proteina ACE2 è aumentata in presenza di processi infiammatori, come durante l’infezione virale. L’effetto antinfiammatorio di farmaci come Nimbus e Baricitinib sui livelli di ACE2 nelle isole pancreatiche hanno dimostrato che queste terapie ne prevengono l’incremento. La nostra ricerca – conclude il professor Dotta – dimostra pertanto non solo il coinvolgimento dell’infezione SARS-CoV-2 nel danneggiare le cellule che producono l’insulina, ma ha anche fornito indicazioni su possibili terapie che contrastano l’infiammazione pancreatica limitando l’insorgenza di iperglicemia e diabete”.
p.t.