Trapianti. Quasi il 90% dei pazienti torna a una vita normale
“La qualità dei trapianti effettuati in Italia, così come la sopravvivenza dei pazienti e degli organi, è migliorata notevolmente negli ultimi anni, e anche nel 2011 l’outcome dei trapianti italiani è paragonabile – o superiore – ai principali Paesi europei”. A sottolinearlo è il ministero della Salute, pubblicando gli ultimi dati sulla qualità dei trapianti in Italia da cui emerge, in particolare, che l’89,3% dei trapiantati di cuore, il 75,9% dei trapiantati di fegato e l’89,5% dei trapiantati di rene sono reinseriti nella vita sociale e conducono una buona qualità di vita, come emerso nel corso degli audit effettuati nei Centri trapianto italiani tra il 2001 e il 2011. Dunque il trapianto non solo salva la vita, ma permette anche un pieno reinserimento nella vita sociale, sottolinea il ministero secondo il quale “questi risultati sono il frutto dell’alta professionalità dei medici e di tutti gli operatori coinvolti nel sistema trapianti”.
Tuttavia sono numerose le strutture che non raggiungono quella che è considerata “la soglia di sicurezza dell’attività”, cioè il numero di trapianti minimi per struttura, pari a 25 ogni anno per il cuore e il fegato, a 30 per il rene. Nel caso dei trapianti di cuore, nel 2011 sono rimasti sotto la soglia dei 25 interventi 16 strutture su 19, anche se di quelle 16 ce ne sono 5 che hanno superato i 20 interventi nel corso dell’anno. Nel caso dei trapianti di rene, nel 2011 sono rimasti sotto la soglia dei 30 interventi 15 strutture su 43, anche se di quelle 15 ce ne sono 4 che hanno superato i 25 interventi nel corso dell’anno. Nel caso dei trapianti di fegato, infine, nel 2011 sono rimasti sotto la soglia dei 25 interventi 8 strutture su 22, anche se di quelle 8 ce ne sono 5 che hanno superato i 20 interventi nel corso dell’anno.
Ma questi numeri non devono allarmare. Lo garantisce il direttore del Centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, a cui abbiamo chiesto una spiegazione su quei dati. “Quelle ‘soglie di sicurezza’ sono state stabilite dall’Istituto superiore di Sanità molti anni fa, quando le opportunità terapeutiche alternative erano inferiori e l’età dei donatori era più bassa, di conseguenza il numero di trapianti più. Oggi è impossibile raggiungere quelle soglie in tutti i Centri, proprio a causa della riduzione degli interventi. In ogni caso posso garantire che dalle nostre indagini emerge che in tutte le strutture italiane si registrano performance cliniche ottime nell’ambito dei trapianti, indipendentemente dal numero di interventi effettuati durante l’anno”.
Per spiegare meglio la situazione, Nanni Costa porta l’esempio del trapianto di cuore. “Nel corso degli anni il numero di interventi si è notevolemente ridotto, passando dai 356 del 2009 ai 213 di questo anno. Questo è avvenuto in parte perché l’età dei donatori cresce e di conseguenza non sempre gli organi sono utilizzabili, ma anche perché oggi ci sono terapie sostitutive al trapianto. La gestione della malattia e il suo decorso sono così cambiate da rendere il trapianto sempre meno necessario e, di conseguenza quelle soglie sono incoerenti. Nessun allarme, i nostri centri funzionano. D’altra parte, se così non fosse, i risultati sui pazienti non sarebbero ottimi come documentato”.
Ecco i principali dati in termini di attività e qualità di vita dei pazienti riguardanti i trapianti di rene, cuore e fegato nel periodo 2000-20111 diffusi dal Centro nazionale trapianti.
RENE
Tra il 2000 e il 2011 sono stati 18.583 i trapianti di rene effettuati (1.536 nel 2011). La struttura dove sono stati effettuati più trapianti nel periodo 2000-2011 è l’Ao San Giovanni Battista di Torino (1.241), che si conferma la struttura con maggiore attività di trapianto di fegato anche nel 2011, con 95 interventi di trapianto di rene. L’età dei donatori è stata superiore ai 60 anni in 4.245 casi, mentre 7.669 riceventi avevano oltre 50 anni di età.
Quanto al numero di interventi in riferimento alla “soglia di sicurezza” per la quale valgono comune le precisazioni di Nanni Costa, nel 2011 sono state 15 strutture su 43 a non raggiungere il numero minimo di 30 trapianti di reni l’anno, cioè: l’Ospedale Civile San Salvatore dell’Aquila (che ne ha effettuati 18), l’Ao di Cosenza (13), l’Ao Vito Fazzi di Lecce (9), il Policlinico di Modena (che tuttavia ne ha effettuati 29), l’US Federico II di Napoli (17), l’Ismett di Palermo (22), l’Ao Pediatrico di Padova (17), l’Ao di Perugia (14), il San Matteo di Pavia (che tuttavia ne ha effettuati 28), l’Ao Bianchi M. Morelli di Reggio Calabria (14), il Policlinico Umberto I di Roma (che ne ha effettuati 25), l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma (10), l’Ss Annunziata di Sassari (1), l’Ospedale Regina Margherita di Torino (6) e l’Ospedale di Vicenza (che ha raggiunto quota 25).
Passando alla qualità di vita delle persone trapiantate, l’89,5% dei pazienti lavora o dice di essere nelle condizioni di farlo. Non lavora per scelta il 3,3% dei pazienti, non lavora per malattia il 2,5%, mentre è ospedalizzato il 2,9%.
CUORE
Tra il 2000 e il 2011 sono stati 3.821 i trapianti di cuore effettuati (278 nel 2011). La struttura dove sono stati effettuati più trapianti nel periodo 2000-2011 è l’ospedale policlinico San Matteo di Pavia (440), anche la struttura con maggiore attività di trapianto di cuore nel 2011 è stata il Sant’Orsola Malpighi di Bologna (32 interventi). I donatori avevano oltre 50 anni di età in 721 casi, i riceventi superavano i 50 abbu ub 2.212 casi.
Quanto alla “soglia di sicurezza”, per quanto riguarda il cuore nel 2011 non hanno raggiunto il numero minimo di 25 trapianti l’anno 16 strutture su 19, anche se in molti casi il traguardo è stato sfiorato. In particolare, non hanno raggiunto la soglia: l’Ao Policlinico di Bari (5 trapianti di cuore effettuati), l’Ospedale Riuniti di Bergamo (20), l’Ao G. Brotzu di Cagliari (10), il San camillo De Lellis di Chieti (0), l’Ao V. Emanuela Ferrarotto di Catania (0), il Ca Granda Niguarda di Miolano (23), l’Ao Monaldi di Napoli (23), l’Ismett di Palermo (12), il Benfratelli di Palermo (0), l’Ao di Padova (21), l’Ao San Matteo di Pavia (22), il San Camillo-Forlanini di Roma (14), l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma (12), gli Ospedali Riuniti di Siena (15), l’ospedale infantile Regina Margherita di Torino (3) e l’Ao di Verona (15).
Passando alla qualità di vita delle persone trapiantate, l’89,3% dei pazienti lavora o dice di essere nelle condizioni di farlo. Non lavora per scelta il 4,9% dei trapiantati, non lavora per malattia il 2,2%, mentre è ospedalizzato l’1,6%.
FEGATO
Tra il 2000 e il 2011 sono stati 11.484 i trapianti effettuati (1.018 nel 2011). La struttura dove sono stati effettuati più trapianti nel periodo 2000-2011 è l’Ao San Giovanni Battista di Torino (1.652), che si conferma la struttura con maggiore attività di trapianto di fegato anche nel 2011, con 137 interventi. I donatori avevano oltre 60 anni di età in 4.133 casi, 6.445 donatori avevano più do 50 anni.
Quanto alla “soglia di sicurezza”, per quanto riguarda il fegano nel 2011 non hanno raggiunto il numero minimo di 25 trapianti all’anno 8 strutture su 22, anche se in 5 casi il traguardo è stato sfiorato. In particolare, non hanno raggiunto la soglia minima: l’Ao Policlinico di Bari (che però ha effettuato 25 trapianti), l’Ao San Martino di Genova (11), l’Umberto I di Roma (che però ne ha effettuati 22), l’Ao San Camillo-Fornalini di Roma (di nuovo 22), l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma (13), il Policlinico Gemelli di Roma (19), l’Aou Tor Vergata di Roma (che però ne ha effettuati 22) e l’Ao di Verona (21).
Passando alla qualità di vita delle persone trapiantate, il 75,9% dei pazienti lavora o dice di essere nelle condizioni di farlo. Non lavora per scelta il 6,4% dei trapiantati, non lavora per malattia il 4%, mentre è ospedalizzato l’8,2%.