Un aiuto dalla biopsia ossea per il piede diabetico

 

Una biopsia ossea può aiutare i medici a valutare meglio quale tipo di antibiotico sia più efficace nel trattamento delle forme gravi di piede diabetico, contribuendo ad evitare l’intervento chirurgico.
Il piede diabetico può degenerare in un’infezione che si estende fino alle ossa (osteomielite).

Ricercatori francesi dell’Hôpital Dron di Tourcoing hanno condotto uno studio sull’argomento.
L’intervento chirurgico in caso di osteomielite del piede è ancora questione controversa, sostengono i ricercatori.
In passato, spiegano, si riteneva che queste infezioni non potessero essere trattate se non rimuovendo la parte ossea infetta.

Durante lo studio, condotto presso 9 centri francesi specializzati nella cura del piede diabetico, i ricercatori hanno rivisto i dati di 50 pazienti diabetici, con osteomielite estesa a diverse ossa del piede, trattati senza ricorrere alla chirurgia.

Uno degli obiettivi dello studio era confrontare l’efficacia del prelievo eseguito con il tampone con la biopsia ossea per la valutazione dell’antibiotico più indicato nella cura dell’infezione.

L’età media dei soggetti coinvolti nello studio era di 62 anni, diabetici da almeno 16 anni, sottoposti a trattamento antibiotico da circa 11,5 settimane.
La durata media della lesione era di circa 20 settimane.
Complessivamente, 22 pazienti (44%) si erano sottoposti a una terapia basata sull’esame bioptico osseo mentre per 28 pazienti (56%) la terapia era stata determinata sulla base di un tampone .

Dopo un follow up di 12.8 mesi, i ricercatori hanno riscontrato l’assenza di segni di infezione, allo stato iniziale o immediatamente successivo, dopo almeno un anno dalla fine del trattamento in 18 pazienti (81.8 %) curati sulla base del prelievo osseo e 14 (50%) sulla base del prelievo con tampone.

Secondo gli autori dello studio, questo risultato rappresenta una forte argomentazione per raccomandare la biopsia ossea nei pazienti con piede diabetico e osteomielite non sottoposti a chirurgia.

 

 

Fonte: American Diabetes Association

29 aprile 2008