Un canestro contro il diabete

Polo della Virus Roma, capelli lunghi e sguardo profondo. Valerio tra pochi mesi compirà quindici anni.
E’ alto, filiforme e gioca a basket. Ed uno dei suoi sogni è quello di diventare domani un campione. «Si mi piacerebbe» dice mentre osserva Bodiroga scaldarsi durante la prima partita di campionato della Lottomatica. «Ma non è il principale» aggiunge. Perché in cima alla lista delle cose che vorrebbe vedere realizzate Valerio ne ha una. «Che il diabete un giorno possa essere una malattia da cui si possa guarire».

Lui soffre di diabete. Lo ha scoperto da giovanissimo. «Avevo sette anni e mezzo ed ero in vacanza in campagna con i miei nonni». Non sembra emozionato mentre racconta di come, da quel giorno, la sua vita sia cambiata. «E’ passato tanto tempo ed ora ho accettato di convivere con questa malattia. Ma certo all’inizio non è stato facile».
Perché? «Perché per un po’ mi sono sentito diverso dagli altri. Ma poi, grazie anche all’aiuto della mia famiglia, ho scacciato dalla mia testa questa idea. Ho capito che avrei potuto fare la vita di tutti i miei coetanei».

Ed a confermarlo è arrivato lo sport. «Ho cominciato a fare basket da piccolo. Avevo sei anni. Non ho mai voluto e mai vorrò un trattamento diverso dagli altri».
Il controllo della glicemia è un test essenziale, che Valerio ormai compie come un gesto comune. «Certo, specialmente dopo i pasti è importante».

Poi in campo ad allenarsi con il Basket Roma, la società per cui gioca. «Si, perché sport e diabete possono convivere. Vorrei che chi come me soffre di questa malattia capisse bene il senso delle mie parole e vedesse l’esempio di campioni più affermati di me. Il basket poi è uno sport molto compatibile perché se sento un po’ di stanchezza il coach può sostituirmi senza i vincoli che può dare ad esempio il calcio».

Poi una confessione. «Mi accorgo di aver fortificato il mio carattere confrontandomi con la malattia. Questo mi aiuta anche nel cercare di migliorare come sportivo. Ora Castellano, il mio allenatore, mi sta facendo giocare da playmaker e vuole che migliori nel tiro da fuori».
Gli occhi vanno sui palleggi dei campioni della Virus che stanno ultimando il riscaldamento. «Non sono un tifoso sfegatato della Lottomatica anche se tra le squadre italiane è quella che preferisco. Certo l’arrivo di Bodiroga mi ha entusiasmato ma ammiro molto anche Hawkins».

Ma la sua vita non si ferma solo allo sport. «Mi piace suonare la batteria e cerco di andare bene a scuola per pensare al domani».

E poi quella certezza ripetuta con la massima convinzione. «Oggi dal diabete ancora non si guarisce, ma presto sarà così. Intanto, lo dico a tutte le persone colpite da questa malattia, bisogna accettare se stessi e gli altri. Così non si fa certo fatica a vivere una vita normale».
Aspettando di mettere a segno il canestro più importante.

 

 

di FABRIZIO FABBRI
“Il Tempo” del 12.10.2005