Vitamina D: una possibile arma di prevenzione del diabete di tipo 2
La vitamina D esercita i suoi effetti anche al di fuori delle ossa, influenzando anche il metabolismo. Ernesto Maddaloni e colleghi, in uno studio presentato al congresso annuale dell’EASD in corso a Lisbona, sono andati a valutare l’effetto di una supplementazione di calcidiolo (una forma di vitamina D) sull’insulino-resistenza, sulla funzione delle cellule beta pancreatiche (quelle produttrici di insulina) e sui marcatori di infiammazione e di stress ossidativo nei soggetti con pre-diabete e bassi livelli di vitamina D.
A questo scopo, 150 pazienti sono stati randomizzati in doppio cieco in 3 gruppi (ognuno di 50 persone) che hanno assunto ogni giorno per 6 mesi: 50 mcg di Calcidiolo (gruppo A), 25 mcg di Calcidiolo (gruppo B), o placebo (gruppo C). All’inizio e alla fine dello studio, gli autori sono andati a valutare l’insulino-resistenza (Indice ISogtt) e la funzione beta-cellulare (Indice ISSI-2), confrontandola nei tre gruppi di pazienti. I risultati dimostrano che i livelli circolanti di vitamina D risultano correlati sia agli indici di insulino-resistenza che di funzionalità delle beta-cellule, parametri questi che migliorano dopo la supplementazione con alte dosi di calcidiolo.
Lo studio ha inoltre dimostrato che la supplementazione con calcidiolo si associa ad una riduzione del recettore solubile dei prodotti avanzati della glicosilazione, che rappresenta un marcatore di stress ossidativo causato dall’iperglicemia. La vitamina D è un ormone che viene in parte assunto attraverso la dieta e in parte sintetizzato dall’organismo, a partire dal colesterolo, grazie all’azione dei raggi ultravioletti del sole. Esistono diverse forme di vitamina D; quella più comunemente utilizzata in clinica è il colecalciferolo, una molecola liposolubile che deve essere attivata prima dagli enzimi epatici e poi da quelli renali per poter essere utilizzata dall’organismo. Il calcidiolo è invece una molecola idrosolubile, già parzialmente attiva ed è la forma di vitamina D che viene misurata nel sangue.
Gli effetti della vitamina D sono numerosi e non si limitano al metabolismo dell’osso; infatti è stato osservato che bassi livelli di vitamina D sono associati ad alterata glicemia a digiuno, ridotta tolleranza al glucosio e diabete mellito di tipo 2. Tuttavia non è nota la dose ottimale di vitamina D, per prevenire il diabete di tipo 2. Gli studi clinici condotti finora non hanno dato risultati incoraggianti ma questo potrebbe essere legato al fatto che il colecalciferolo si disperde facilmente nel tessuto adiposo, più rappresentato nei soggetti pre- diabetici, che sono tendenzialmente sovrappeso o obesi.
“Una maggiore comprensione degli effetti della vitamina D sul metabolismo del glucosio, sull’insulino-resistenza, dei fattori infiammatori e sulla funzione delle cellule beta pancreatiche potrebbe consentire nuovi approcci terapeutici nella prevenzione del diabete tipo 2 e nel progressivo deterioramento del controllo metabolico – commenta il professor Giorgio Sesti, presidente della SID – Sono particolarmente lieto che tali ricerche possano essere presentate in un importante congresso internazionale da un giovane ricercatore sostenuto dalla SID”.